C’è un punto nodale su cui tutti concordano nell’analisi dei tragici numeri che arrivano, giorno dopo giorno, dalla Lombardia, la Regione più colpita dall’epidemia da Covid-19: qualcuno ha sbagliato. Non sappiamo ancora chi. Ma che ci siano delle responsabilità, è fuor di dubbio. Sia ben inteso: parliamo ovviamente di responsabilità – almeno in questa fase – politiche e amministrative, non giudiziarie che, semmai ci dovessero essere, seguiranno un percorso proprio, autonomo e indipendente.
Ma è proprio per appurare le eventuali responsabilità di gestione che la deputata lombarda M5S, Stefania Mammì (nella foto), ha presentato una corposa interrogazione rivolta al ministro della Salute, Roberto Speranza, e a quello per gli Affari regionali, Francesco Boccia. Nell’atto, che La Notizia ha visionato, viene ricostruito analiticamente quanto accaduto nelle settimane scorse in Lombardia. Al centro dell’atto la mancata istituzione della zona rossa nel bergamasco che, com’è stato poi appurato, avrebbe consentito di limitare un contagio che è diventato a dir poco tragico.
BATTAGLIA INFINITA. Tutto nasce già il 23 febbraio scorso, quando i primari dell’ospedale “Pesenti Fenaroli” di Alzano Lombardo avrebbero espresso il parere unanime di chiudere l’ospedale. Ad opporsi però, secondo quanto riportato nell’atto e come emerso d’altronde da alcune ricostruzioni giornalistiche, sarebbe stato il direttore generale dell’assessorato al Welfare della Regione Lombardia Walter Cajazzo, “il quale ne ordinò telefonicamente la riapertura”. Come sottolinea però la Mammì, “il personale sanitario non era pronto per fronteggiare l’emergenza, non essendo stato dotato di mascherine né di altri dispositivi di protezione individuale”. Ci sono, poi, le responsabilità politiche. L’8 aprile scorso, infatti, l’assessore Giulio Gallera affermava di aver ricevuto una relazione del direttore generale dell’ASST (Azienda Socio-Sanitaria Territoriale) Bergamo-Est, Francesco Locati, che lo rassicurava circa l’esecuzione dei tamponi a tutti gli operatori entrati in contatto diretto coi positivi.
A smentire queste parole, però, ci ha pensato un sindacalista di Bergamo che, in un servizio del Tg1, ha dichiarato che già il 27 febbraio aveva inviato una mail al direttore sanitario Roberto Cosentina in cui evidenziava i contatti avvenuti tra pazienti positivi al tampone e operatori sanitari sprovvisti di tutti gli idonei dispositivi di protezione. E, a corredo di tale ricostruzione, non si può non dimenticare lo scaricabarile della Regione che, più e più volte, ha detto che non avrebbe potuto istituire una zona rossa perché compito di Palazzo Chigi, salvo poi essere smentita direttamente da Giuseppe Conte. E da qui le domande poste dalla stessa Mammì, che chiede a Speranza di approfondire “l’operato del direttore generale dell’Azienda socio sanitaria territoriale Bergamo Est, Francesco Locati e del direttore sanitario Roberto Cosentina”; e a Boccia se la giunta regionale “abbiano tenuto un comportamento corretto quanto alla mancata istituzione di una zona rossa”.
Vedremo cosa accadrà. Quel che è certo è che la Mammì non ha intenzione di mollare la presa: “In Regione Lombardia sono stati commessi degli errori evitabili in termini di prevenzione e controllo dell’infezione”, spiega a La Notizia. Ma la battaglia non finisce qui: la pentastellata, infatti, ha intenzione di sollecitare il Governo affinché adotti anche un “Piano nazionale di preparazione e risposta alla pandemia” dato che l’ultimo aggiornamento risale al 2010.