Andrea Pertici, professore ordinario di diritto costituzionale nell’Università di Pisa, come valuta l’accordo raggiunto da Enrico Letta con Carlo Calenda e Benedetto della Vedova?
“Non mi è chiaro come questo patto a due si coordini con un accordo che il Pd credo intenda fare anche con altre forze, soprattutto di sinistra, alle quali sembrerebbe rimanere poco spazio, come la reazione di oggi di Fratoianni e Bonelli sembrerebbe confermare”.
Il Pd ha offerto il diritto di tribuna in Parlamento ai leader dei diversi partiti e movimenti politici del centrosinistra che entreranno a far parte dell’alleanza elettorale.
“Forse è il caso di ricordare che la legge elettorale ha una parte proporzionale, in cui si presentano liste concorrenti, alcune delle quali sostengono poi un unico candidato nel maggioritario. Pd e Azione/+Europa hanno stabilito proprio questo: sosterranno insieme candidati nel maggioritario. Il Pd ne indicherà il 70% e Azione/+Europa il 30%, se ho capito bene. E gli altri? Stanno a guardarli? La questione è importante perché la legge consentirebbe alle liste che rischiano di non fare il 3% di mettere alcuni loro esponenti in alcuni uninominali ritenuti sicuri, determinandone l’elezione. Se questo ad alcuni partiti è impedito, si crea un problema, che non mi pare risolto candidando esponenti di punta degli stessi nelle liste del Pd. Infatti, sarebbe davvero eccentrico avere, ad esempio, una lista Verdi/Sinistra italiana, ma vedere poi candidato Fratoianni nella lista del Pd o comunque in una lista diversa da quella del partito di cui è segretario. Da un lato creerebbe disorientamento; dall’altro indebolirebbe ulteriormente la lista minore, privata dei suoi esponenti di punta. Capisco la necessità di fare i conti con la legge elettorale, e quindi comprendo l’accordo Letta-Calenda che però serve solo se la coalizione si allarga molto di più, mentre non esagererei con alchimie e astrusità. In effetti, se la logica delle alleanze è in qualche modo imposta dalla legge elettorale, mi porrei la questione di un’alleanza a largo raggio, che avrebbe dovuto confrontarsi anche con il M5S. In effetti c’è da chiedersi se sia del tutto coerente escludere il M5S perché da ultimo non ha votato la fiducia, includendo chi, come Sinistra italiana, non lo ha mai fatto”.
Quindi la posizione di Letta di non parlare con chi ha fatto cadere il Governo Draghi non è stata corretta?
“Dal punto di vista politico è una scelta legittima: ognuno si allea con chi vuole. Questa, in verità, è parsa legarsi, almeno all’inizio, alla questione della cosiddetta “agenda Draghi”, che però era un programma di compromesso di un Governo di unità nazionale, che ora il Pd mi pare rivendicare meno. In effetti, alle elezioni i partiti dovrebbero proporre il loro programma. Per eventuali compromessi ci sarà semmai tempo nella legislatura, ove questi si rendessero necessari perché nessuno ha vinto da solo. Peraltro, nell’alleanza raccolta intorno al Pd sembrerebbero dover comunque convivere forze che hanno sostenuto questa supposta agenda Draghi e altre che non l’hanno sostenuta, per cui non può essere questa la prospettiva comune”.
Sinistra italiana di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli dei Verdi per esempio non la condividono e stanno mettendo in discussione la loro appartenenza all’alleanza.
“Anche questa è una posizione politica legittima. La mia impressione, però, è che le difficoltà, in questa fase, non derivino tanto da un’agenda ma da una mappa: quella dei collegi. Infatti, a seguito dell’accordo di qualche giorno fa a tutti gli alleati del Pd diversi dalla coppia Calenda-Della Vedova, che stanno comodi in platea, sembrerebbe toccare la tribuna, con tutti i problemi che abbiamo già ricordato. E più che del destino di singole persone o liste mi pare che ci si dovrebbe preoccupare dell’equilibrio di questo campo, che rischia di rimanere sempre più scoperto sul lato sinistro, perdendo elettori, in parte verso il M5S ma soprattutto verso l’astensione che dovrebbe essere la maggiore preoccupazione delle forze politiche”.
Il centrodestra le pare stia meglio?
“Sicuramente la situazione è più lineare. Non ci sono forze nel centrodestra che rinnegano di essere alleate con altre, come nelle ultime ore è parso essere nel centrosinistra. Con questa legge elettorale allearsi serve per conquistare i collegi uninominali, ma per fare questo occorre farsi votare: come si può pensare di essere attrattivi per gli elettori se non ci si tollera a vicenda? E questo mi pare accadere nel centrosinistra, dove tra l’altro questa discussione sta impedendo di discutere di temi concreti, come la questione sociale, sempre più grave, o quella climatica. Si parla meno perfino della crisi internazionale”.
Il Movimento Cinque Stelle di Giuseppe Conte può occupare uno spazio a sinistra del Pd?
“Direi semplicemente che sinistra è chi sinistra fa. Le tradizioni politiche sono importanti, ma poi contano le proposte concrete. La sinistra è dove c’è il salario minimo, il reddito di cittadinanza, una maggiore progressività fiscale, una particolare attenzione alla scuola pubblica e alla sanità pubblica, un potenziamento delle energie alternative e della concorrenza leale, oltre ad un impegno per il potenziamento degli strumenti di partecipazione e una forte attenzione alle grandi questioni dei diritti civili: dalla cittadinanza all’eutanasia al matrimonio ugualitario. Su questi temi tra Pd e M5S notavo molte convergenze, che però mi pare si potessero trovare, ovviamente con accenti diversi anche con altre forze politiche, compresa Azione/+Europa, che forse ha su alcuni di questi punti più divergenze interne che con il resto della coalizione”.
Un elettore di sinistra chi dovrebbe votare oggi?
“Credo sia presto per dirlo, proprio perché la questione delle alleanze sta facendo ombra ai temi. Credo che dovrebbe votare le forze politiche che pongono al centro della propria proposta politica i temi che ho ricordato sopra. Il rischio è che una proposta chiara su questi non ci sia e che molti si astengano. Occorre fare attenzione, come ha detto Bersani, a non avere un Governo senza popolo”.
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