Dalla Sicilia alla Basilicata, il decreto Cutro continua a perdere pezzi a colpi di ordinanze. Ieri il giudice del Tribunale di Potenza, Filippo Palumbo, ha bocciato il provvedimento del questore di Forlì nei confronti un tunisino richiedente asilo nel Cpr di Palazzo San Gervasio. Altri cinque migranti, trattenuti nel Cpr di Pozzallo, sono stati rimessi in libertà dal Tribunale di Catania che non ha convalidato il trattenimento disposto dal Questore di Ragusa.
L’ordinanza porta la firma del giudice Rosario Cuprì, collega di Iolanda Apostolico, che nei giorni scorsi aveva già emesso un analogo provvedimento su ricorso di altri sei sei tunisini. Salgono così a cinque le ordinanze della magistratura che di fatto smontano il decreto Cutro. E tutte emanate con motivazioni speculari a quelle richiamate proprio dalla giudice Apostolico nel primo provvedimento dello scorso 29 settembre. “Il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda (…) come già affermato da precedenti decisioni di questo Tribunale in procedimenti di convalida di trattamenti riguardanti cittadini tunisini”. Un chiaro riferimento al primo provvedimento emesso dalla magistrata etnea lo scorso 29 settembre, seguito a pochi giorni di distanza da quello firmato dal collega, Rosario Cupri.
Caso pilota
La giudice Apostolico aveva chiarito che il decreto Cutro, nella parte in cui dispone il trattenimento automatico per chi proviene da Paesi sicuri, va disapplicato in quanto “presenta profili di incompatibilità” con la normativa europea, “secondo cui il trattenimento può “avere luogo soltanto ove necessario, sulla base di una valutazione caso per caso”. Non solo.
Anche il decreto ministeriale del 14 settembre 2023 che ha fissato in 4.938 euro l’“idonea garanzia finanziaria” da fornire per evitare di essere trattenuti in attesa della definizione della domanda d’asilo, era stato disapplicato: “Se il trattenimento viene previsto come misura unica, la garanzia finanziaria di importo predeterminato e (non) commisurato alle esigenze e ai bisogni fondamentale del richiedente”, sarebbe “ulteriormente in contrasto con la normativa comunitaria”, la quale “osta a che un richiedente protezione internazionale sia trattenuto per il solo fatto che non può sovvenire alle proprie necessità”.