Non sopporto la Meloni. Dice no al salario minimo perché “è meglio il taglio del cuneo”. Ma che c’entra?
Olga De Maria
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Gentile lettrice, sa cosa mi affascina della Meloni? Il piglio decisionista, la scelta di mostrare una volontà maschia, proprio come piaceva al Duce, tanto che, per ribadire il concetto della “maschia”, appena divenuta prima ministra impose di essere chiamata “Signor Primo Ministro”. Sa perché mi piace questo lato del carattere? Perché è la piccola crepa che la porterà alla rovina, come è accaduto a ben più poderosi “maschi”. Quindi non mi stupisco che abbia detto con cotanto piglio che il salario minimo “di per sé è un’iniziativa buona dal punto di vista filosofico, ma è inutile”. Inutile per lei che incassa quindicimila euro al mese, d’accordo. Quello che non mi è chiaro è il “punto di vista filosofico”: deve essere una filosofia speciale che si studia solo nell’istituto tecnico alberghiero in cui si è diplomata. Comunque, legga il suo curriculum vitae, pubblicato sul sito del governo, e scritto sicuramente di suo pugno perché è una prosa maschia. Vi si legge che entra in politica a 15 anni “per riscattare l’Italia” (caspita!) e “il 14 marzo 2018 quintuplica il numero dei parlamentari di Fratelli d’Italia”. Urca, li ha quintuplicati da sola, gli altri non hanno fatto niente. Siamo vicini alla moltiplicazione dei pani e dei pesci. Degli studi alberghieri non si fa cenno nel cv, ma Giorgia vi si definisce “politico e giornalista professionista”. Ohibò, anche giornalista. Non ricordo suoi articoli, eppure leggevo sempre Topolino e il Corriere dei piccoli. Ma si sa: non si finisce mai di imparare.
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