Il magistrato ed ex assessore capitolino alla Legalità al tempo della giunta Pd di Marino, Alfonso Sabella, non ha paura di dire che lo scandalo nomine che sta avvelenando Procure e Csm è figlio delle correnti interne che da sempre battagliano per il potere.
Dossier, veleni e politica. È sorpreso di quanto sta emergendo dall’inchiesta di Perugia sulle nomine nelle Procure?
“L’unica cosa che mi sorprende, infatti a leggere gli atti è la meno dimostrata di tutte, è il passaggio di denaro. Il resto non mi stupisce, sono cose che ho sempre saputo. Tant’è vero che nonostante la mia anzianità, i miei trascorsi e i miei successi nel contrasto alla mafia, non faccio domande per incarichi direttivi perché non sono iscritto ad alcuna corrente e nemmeno all’Anm. Per questo so che le mie domande non verrebbero nemmeno prese in considerazione, come avvenuto l’unica volta che ci ho provato tanti anni fa. Lo voglio ripetere, se non si è iscritti in una corrente, non si ha nessuna possibilità”.
Dunque si tratta di un problema esclusivamente legato alle correnti?
“Sono convinto e ci metto la mano sul fuoco che la maggioranza della magistratura è sana. Se così non fosse avrei abbandonato la toga già da anni. Questo è il presupposto ma c’è dell’altro”.
Prego.
“Secondo me entrare nel Csm è come prendere in mano l’anello di Tolkien che possiede un potere capace di corrompere chiunque. Ho visto colleghi che conoscevo molto bene ma che entrati al Csm sono cambiati completamente”.
Secondo il consigliere Cascini, questo scandalo assomiglia a quello della P2.
“Ho sentito in diretta l’intervento e l’ho apprezzato molto. L’unico passaggio che non mi ha convinto è quando ha detto che bisogna rafforzare le correnti perché credo che sia necessario lavorare per sganciarle totalmente dal Csm. Non so come si potrà fare ma per un periodo limitato di tempo si potrebbe valutare il sorteggio. L’importante è che per il futuro si trovi una soluzione sotto l’egida del Capo dello Stato perché è giusto che i magistrati possano esprimere il proprio pensiero”.
Alcuni esponenti del Pd sono finiti negli atti dell’inchiesta, la preoccupano i silenzi di Zingaretti e del partito?
“Non voglio parlare del caso specifico ma c’è una cosa che mi brucia moltissimo da cittadino ossia che a settant’anni dall’entrata in vigore della nostra Costituzione ancora oggi non esista una legge che disciplini i partiti politici che, in realtà, sono delle associazioni private e non riconosciute. Pensi che per fondare e gestire un partito servono meno autorizzazioni di quelle necessarie per aprire una friggitoria o per lavorare come ambulante. Quando ci sarà una legge che li regolamenti, vedrà che anche i fenomeni corruttivi diminuiranno. Ora ogni partito si dà le regole che vuole e le adatta al caso di specie mentre io vorrei che tutti avessero regole uniformi, coerenti e uguali per tutti, sancite con una legge, in cui siano previsti, ad esempio, i probiviri”.
Nel frattempo l’Anm ha preso posizione giudicando insufficiente l’autosospensione dei pm coinvolti e chiedendo le loro dimissioni. È d’accordo?
“Che cos’è l’autosospensione? Non significa assolutamente nulla, è un istituto non previsto dalla legge e che non ha nessuna conseguenza giuridica. Le dimissioni invece sono valutazioni personalissime che spettano a ciascuno di noi e che vanno fatte secondo coscienza e nel rispetto del proprio ruolo istituzionale. Nel caso del magistrato non solo per lui ma per l’intero Paese perché esercitiamo una funzione troppo delicata per relegarla ai soli criteri personali”.