Il coronavirus rischia di trasformarsi in una gallina dalle uova d’oro per le ecomafie. Tra difficoltà nei controlli causate dalla pandemia e ordinanze regionali che hanno concesso diverse deroghe per evitare che il sistema di gestione dei rifiuti andasse in tilt, per i professionisti dell’ecobusiness sono a portata di mani sporchi e grassi affari. A dare l’allarme, sollecitando anche una rivisitazione della normativa e reali soluzioni per adeguare l’impiantistica, è la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, presieduta dal pentastellato Stefano Vignaroli, che ha redatto e presentato ora alla Camera una relazione sull’emergenza epidemiologica e il ciclo dei rifiuti.
Un dossier illustrato, oltre che da Vignaroli, dal deputato Giovanni Vianello e dal senatore Massimo Vittorio Berutti, battendo sulla raccolta e il trattamento dei rifiuti ospedalieri, su quelli prodotti da pazienti in isolamento domiciliare e nelle Rsa, sulla raccolta e il trattamento dei presidi individuali di protezione dismessi, sul mantenimento del rispetto dei principi in materia di economia circolare e appunto sui potenziali fenomeni illeciti. La Commissione si è così posta il problema della prevenzione e dei controlli e del rischio che la criminalità sfrutti la carenza di offerta legale di impianti di trattamento, oltre quello che aziende in crisi finiscano per essere inquinate da “soggetti opachi” o cedano a “smaltimenti al di fuori della legalità”.
Preoccupazioni condivise con la Commissione dal procuratore generale presso la Corte di cassazione, Giovanni Salvi (nella foto), riferendo che la criminalità organizzata è particolarmente interessata agli impianti di trattamento dei rifiuti, i cui limiti quantitativi sono stati aumentati con ordinanze regionali. La stessa Interpol infine ha segnalato il possibile incremento a livello internazionale di traffici illeciti di rifiuti sanitari.