La pandemia ha ridotto di tre mesi l’aspettativa media di vita degli italiani, ma questo non inciderà sui termini utili per andare in pensione. Nel 2023, infatti, i requisiti per andare a riposo adeguati all’incremento della speranza di vita non cambiano, per cui si andrà in pensione di vecchiaia a 67 anni e in pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi le donne). A precisarlo è una circolare diffusa ieri dall’Inps. In questo decreto si riporta il dato Istat sulla speranza di vita che a causa della pandemia si è ridotta nel 2020 di tre mesi.
La pandemia ha ridotto di tre mesi l’aspettativa media di vita, ma non inciderà sui termini utili per andare in pensione.
I requisiti per l’accesso alla pensione potranno cambiare dal primo gennaio 2025 per quella di vecchiaia e dal 2027 per quella anticipata. Per i lavoratori che abbiano svolto una o più delle attività considerate gravose o che siano stati addetti a lavorazioni pesanti, per il periodo previsto dalla legge, e che siano in possesso di un’anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni, il requisito anagrafico per l’accesso alla pensione di vecchiaia è fissato anche per il biennio 2023/2024 al raggiungimento dei 66 anni e 7 mesi.
Per i lavoratori che che hanno il primo accredito contributivo dal 1 gennaio 1996 (e sono quindi totalmente nel contributivo) e hanno un importo di pensione maturato inferiore a 1,5 volte il minimo ma hanno almeno cinque anni effettivi di contributi il requisito per la pensione “si perfeziona, anche nel biennio 2023/2024, al raggiungimento dei 71 anni”.
Tutto invariato pure per i lavoratori “precoci” (quelli che hanno almeno un anno di contributi prima dei 19 anni). Per il biennio 2023 e 2024 per la pensione anticipata ci vorranno 41 anni di contributi indipendentemente dall’età o almeno 35 di contributi se si sono compiuti i 58 anni.