Quanto ci costano i ritardi dei treni? Una domanda che dovrebbe risuonare nelle stanze della politica, ma che troppo spesso rimane sepolta sotto il rumore di accuse infondate e teorie fantasiose. Mentre il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, si lancia in dichiarazioni sui presunti sabotatori del sistema ferroviario italiano, i numeri raccontano un’altra storia: quella di un Paese che perde tempo, denaro e opportunità.
Quanto ci costano davvero i ritardi dei treni?
Nel 2023, il 15% dei treni italiani ha accumulato ritardi significativi, secondo i dati riportati da “Collettiva”, il magazine della Cgil. Parliamo di migliaia di ore perse ogni giorno: solo a ottobre, Trenitalia ha registrato oltre 2.500 treni con ritardi superiori ai 30 minuti. Non si tratta solo di un disagio per chi viaggia. L’European Railway Agency stima che ogni ora di ritardo collettivo costi all’economia italiana circa 10 milioni di euro l’anno. Sommando i ritardi quotidiani, il conto è salato: oltre 500 milioni di euro persi nel 2023, una cifra che colpisce imprese, pendolari e turisti.
I costi diretti includono i rimborsi dei biglietti, le penali contrattuali e i maggiori consumi energetici dovuti a fermate non programmate. Quelli indiretti, invece, pesano ancora di più: secondo uno studio di Legambiente, le ore lavorative perse a causa dei ritardi ammontano a circa 20 milioni l’anno, con un impatto significativo sulla produttività nazionale. A questo si aggiungono i costi ambientali: i ritardi spingono molti pendolari a scegliere l’auto, aumentando le emissioni di CO2.
Problemi strutturali e investimenti mancati
Eppure, il ministro Salvini preferisce concentrare l’attenzione su presunti nemici invisibili. Le sue dichiarazioni sui “sabotatori” delle ferrovie non trovano riscontro nei dati. La verità è che il sistema ferroviario italiano soffre di problemi strutturali: carenza di investimenti, manutenzione insufficiente e una gestione inefficace. Secondo il rapporto Pendolaria 2023 di Legambiente, l’Italia ha investito appena 1,4 miliardi di euro nel trasporto ferroviario regionale, contro i 3,5 miliardi della Germania. Il risultato è una rete ferroviaria frammentata, dove le linee locali, utilizzate dal 90% delle persone pendolari, soffrono di ritardi cronici e infrastrutture obsolete.
Un esempio emblematico è il divario tra Nord e Sud. Le regioni meridionali, che coprono oltre il 40% del territorio nazionale, ricevono meno del 20% degli investimenti ferroviari. Questo si traduce in tempi di percorrenza più lunghi, frequenze ridotte e stazioni abbandonate. Secondo uno studio del Centro Studi Svimez, la mancanza di infrastrutture adeguate nel Sud costa al Paese oltre 2 miliardi di euro l’anno in mancata crescita economica.
La situazione è paradossale: mentre l’Italia si vanta dell’Alta Velocità, che copre appena il 5% del territorio, le linee regionali restano indietro. Solo il 30% dei treni regionali rispetta gli standard di puntualità europei, un dato che ci colloca agli ultimi posti tra i Paesi UE. E mentre Salvini parla di sabotaggi, il rapporto dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie indica chiaramente le cause principali dei disservizi: guasti tecnici (42%), carenze di manutenzione (35%) e insufficienza del personale (15%).
Il costo dei ritardi dei treni: cosa serve per invertire la rotta?
Cosa servirebbe per invertire la rotta? Un piano straordinario di investimenti da almeno 10 miliardi di euro nei prossimi cinque anni, come proposto dalla Corte dei Conti Europea, per ammodernare le linee locali, potenziare il personale e migliorare i sistemi di controllo. Ogni euro investito nelle ferrovie genera un ritorno economico stimato in 2,5 euro, oltre a ridurre l’impatto ambientale e migliorare la qualità della vita.
Il tempo è denaro, si dice. In Italia, però, sembra che il tempo delle persone non valga abbastanza per chi governa. Finché la politica continuerà a distrarsi con il chiasso delle teorie complottiste, a pagarne il prezzo saranno le persone pendolari, le aziende e l’intero Paese. E mentre si parla di complotti, i treni continuano ad accumulare ritardi, portandoci sempre più lontano dall’Europa che vorremmo essere.