Nonostante i veleni attorno a Banca Etruria, il procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi, può restare al suo posto. Il Consiglio Stato ha accolto l’appello del magistrato, che viene così reintegrato a pieno titolo alla guida dell’ufficio giudiziario toscano. Rossi aveva chiesto di annullare il voto del Csm che non lo aveva confermato nell’ottobre del 2019.
Una vicenda legata all’inchiesta su Banca Etruria, con Pier Camillo Davigo, all’epoca consigliere togato del Consiglio superiore della magistratura, che ha accusato il magistrato di aver indagato su Pierluigi Boschi, padre di Maria Elena, all’epoca ministra delle riforme, mentre era consulente di Palazzo Chigi, quando presidente del consiglio era Matteo Renzi.
Rossi si era difeso sostenendo che aveva cessato l’incarico nel dicembre del 2015 mentre le indagini su Banca Etruria erano partire nel febbraio 2016. Per Palazzo Spada, l’incarico di Rossi alla Presidenza del consiglio dei ministri non era assolutamente politico ed era comunque cessato al momento in cui partirono le indagini sul crac dell’istituto di credito aretino.
Il Consiglio di Stato ha sottolineato che “il ministro della giustizia esprime le sue motivate valutazioni solo in ordine alle attitudini del candidato relative alle capacità organizzative dei servizi” e quindi esclude una valutazione sulla credibilità, autorevolezza e indipendenza del profilo professionale del magistrato, che è propria della sola sfera di valutazione dell’organo di governo autonomo”.