Il pugno chiuso, intonando la canzone bandiera rossa, è una macchietta: non è più una scelta di tipo politico. La sentenza emessa da Matteo Renzi è anche un epitaffio scritto sulla lapide dell’ultimo partito sopravvissuto alla Prima Repubblica, grazie a camaleontici cambi di sigla e maldestri tentativi di rottamazione. Ma che ora è in picchiata verso l’avvitamento su stesso. L’esito è sotto gli occhi di tutti: uno sfacelo totale, che include pure gli scissionisti alla ricerca di una nuova identità sognando la rifioritura di un Ulivo appassito con il passare degli anni. Finito il mastice dell’anti-renzismo, i fondatori del Movimento democratico e progressista stanno guerreggiando tra di loro per spartirsi la carcassa dei voti sottratti al Pd. Già appaiono all’orizzonte i fedelissimi di Pier Luigi Bersani, gli uomini di Massimo D’Alema e i tifosi di Enrico Rossi. Di programmi politici, di confronto con la società e di organizzazione interna non c’è traccia alcuna. È sparita addirittura la specialità della casa: l’accapigliarsi sulla forma-partito, questione da sbadiglio per un comune mortale, ma che è da sempre appassionante per l’elettore-tipo di sinistra.
Senza argomenti – E che dire poi del congresso del Pd? Le questioni di profilo politico che riguardano gli italiani, come economia, lavoro, cultura, sono infilate nelle mozioni da votare. Peccato che i documenti abbiano sempre più la forma di una lista di desideri da compilare per partecipare alla corsa per la segreteria. Anzi per la conquista della leadership. Ed è una semplice conta per redistribuire le poltrone da parlamentari in vista delle prossime elezioni applicando il caro Manuale Cencelli: assegnare gli incarichi in base al peso numerico. La competizione è solo un rito per benedire il nuovo segretario, senza un’idea per capire come affrontare l’avanzata di un pensiero politico spiccio quanto vincente, sul modello-Trump. La depuata Elisa Simoni ha sintetizzato: “Altro che partito della Nazione. È rimasta la nazione fuori da noi, ma il partito è morto”.
Poca voglia – Nemmeno gli iscritti sembrano particolarmente interessati a partecipare. Il caso di Copertino, Comune in provincia di Lecce, è l’esempio di un partito che boccheggia: la votazione per il segretario non è stata mai fatta. Eppure sono stati resi noti i risultati del circolo locale. Addirittura la dirigente locale Anna Inguscio ha ironizzato: “Si sono inventati il voto virtuale”. Del resto la partita sulla partecipazione è quella decisiva: Renzi vuole vincere e deve farlo con il massimo coinvolgimento degli elettori. Altrimenti, il tanto agognato riscatto sarà un successo monco. Di un Pd trasformatosi in un votificio. Lasciando vagamente spaesato chi, nonostante tutto, vorrebbe cercare una rappresentanza a sinistra. Perché i democratici e progressisti hanno già iniziato il conto alla rovescia per arrivare a una specialità della casa: l’autodistruzione. Così, con il Sol dell’Avvenire ormai calante, la tradizione del Partito comunista resta una roba per antiquari.