Il caso Scurati in Rai come grimaldello per danneggiare gli alleati di governo. Il punto focale della censura dello scrittore in Rai – con il monologo sul 25 aprile che è stato cassato nel modo più cretino e improvvido possibile – è la nomina del nuovo consiglio di amministrazione della televisione pubblica che verrà a breve. Alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni interessa poco il dibattito sulla libertà e sull’antifascismo. La vera ossessione è difendere il direttore generale Giampaolo Rossi già pronto sulla rampa di lancio per diventare amministratore delegato.
In casa Lega la poltrona dell’ad in Rai era ormai data per persa ma lo scivolone sullo scrittore Antonio Scurati ha riacceso le speranze. Gli uomini di Salvini imputano a Fratelli d’Italia gli insuccessi degli ultimi mesi: il crollo degli ascolti, le trasmissioni fallimentari chiuse dopo poche puntate, un piano editoriale confuso e poco convincente e perfino l’addio di Amadeus. Una serie di flop che negano in pubblico per addossare in privato alla gestione meloniana. È l’eterno gioco tra la Lega decaduta e Fratelli d’Italia regnanti, un logoramento quotidiano per erodere voti, potere e qualche posto di potere.
La Lega sfrutta lo scivolone sul monologo di Scurati per attaccare il direttore generale Giampaolo Rossi, uomo di fiducia di Meloni in Rai
Chi è vicino a Meloni assicura che Giampaolo Rossi non si tocca. Il direttore generale è la persona di fiducia della presidente, a lui da Palazzo Chigi è partita immediatamente la telefonata per capire cosa fosse successo con Scurati nella trasmissione di Serena Bortone, a lui è arrivato l’ordine da spandere a cascata di virare la polemica sul compenso. Mentre la Lega tenta l’assalto Forza Italia – che non ama Rossi – preferisce non avventurarsi in uno scontro che finirebbe solo per indurire Meloni senza possibilità di incassare un risultato. Per questo Tajani avrebbe invitato i suoi a non entrare nella disputa accontentandosi della nomina a presidente di Simona Agnes, vicina al presidente di Forza Italia e al sempreverde Gianni Letta.
A rischiare seriamente il posto è invece Paolo Corsini, responsabile Approfondimenti della Rai e avvezzo a uscite spericolate. È Corsini che si è immolato con una nota parlando di “compenso più elevato di quanto previsto” per il monologo di Scurati venendo smentito in pochissimo tempo da Repubblica che ha pubblicato la lettera con sui si annullava “per motivi editoriali” il monologo sull’antifascismo. Nei corridoi della Rai confermano che è proprio Corsini ad avere letto il testo di Scurati prima di azionare la tagliola della censura. Del resto le simpatie destrorse del dirigente Rai in quota di Fratelli d’Italia sono note da tempo. Scorrere la bacheca dei suoi social è un tuffo nel passato nero tra idolatria del Ventennio, amicizie vicine al terrorismo nero. Indelebile rimane la sua conduzione ad Atreju quando usava il “noi” per parlare di Fratelli d’Italia e attaccò la segretaria del Pd Elly Schlein occupata a decidere “come vestirsi o di che colore utilizzare piuttosto che confrontarsi”. Lo scivolone Scurati potrebbe essere l’ultimo atto. È già pronta Angela Mariella, direttrice delle Relazioni Istituzionali, in quota Lega.
Per i consiglieri che verranno votati dal 21 maggio il Partito democratico vorrebbe puntare su Antonio Di Bella ma l’interessato ha fatto sapere ha fatto sapere di essere disponibile solo per il ruolo di presidente di garanzia. Il M5s punta sulla riconferma di Alessandro Di Majo. Nella Lega il redivivo Marano preoccupa per i troppi conflitti di interesse e alla fine Salvini potrebbe virare sull’ex parlamentare Federica Zanella. Tanto alla fine comanda sempre lei, sarà sempre TeleMeloni.