Al di là delle dinamiche, la difesa italiana si è concentrata per anni nel tentare di “strappare” il procedimento relativo ai militari della Marina militare, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, a Nuova Delhi (qui tutti gli articoli sul caso), argomentando in ordine alla propria competenza, esclusiva, di poter decidere sulla vicenda. Due i profili: (i) da un lato i militari, operanti sulla petroliera, ai sensi dell’articolo citato in apertura, hanno agito in nome e per conto dello Stato italiano, nonché nel rispetto delle sue leggi. Pertanto, la loro attività deve essere considerata attività jure imperii; (ii) in secondo luogo, i fatti contestati ricadono sotto la giurisdizione italiana in quanto i due militari, operanti ai sensi della Legge italiana, erano in acque internazionali.
Una carenza sia sotto il profilo oggettivo sia soggettivo quella dello Stato indiano che, non solo avrebbe dovuto individuare nello Stato italiano il soggetto a cui chiedere eventuali risarcimenti in sede internazionale, ma che non era in diritto, oltre tutto, di estendere la propria giurisdizione così tanto a largo dalle sue coste. Si dovrà attendere la pronuncia del 2 luglio 2020 dell’arbitrato interazionale dell’Aja per riconsegnare a tutti gli effetti la giurisdizione sulla vicenda alle Corti italiane e a seguito della quale la Procura romana ha avuto modo di agire in piena libertà, aprendo un fascicolo a carico dei marò per omicidio volontario.
Arriva ora l’archiviazione totale della vicenda: in attesa di leggere, quando saranno disponibili i motivi, il relativo decreto, l’ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari ha posto fine a questa vicenda, archiviando il caso, verosimilmente sostenendo – come peraltro lo scrivente indicò sin dalle prime note dei fatti – che i marinai hanno agito rispettando le regole di ingaggio e convinti di essere sotto attacco di pirati.
La decisione non contrasta né coi principi di cooperazione internazionale né con il risarcimento alle famiglie delle vittime, disposto dall’arbitrato dell’Aja. Dal punto di vista del diritto penale nostrano inoltre, parrebbero troppi, oltre all’insuperabile merito, i limiti procedurali per poter sostenere accuse così gravi in un processo, quali la non utilizzabilità, perché irripetibili, degli accertamenti che furono svolti all’epoca dei fatti in India.
Un principio è luce nella nebbia: “Nell’ambito delle attività internazionali di contrasto alla pirateria […] è consentito, nei limiti di cui ai commi 5, 5-bis e 5-ter, l’impiego di guardie giurate […] a bordo della navi mercantili battenti bandiera italiana, che transitano in acque internazionali”.
Questo è il comma 4, art.. 5, D.L. 12 luglio 2011, n. 107 e rappresenta il fondamento normativo che il 15 febbraio 2012 giustificava la presenza dei due marinai della Marina italiana, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, a bordo della petroliera Enrica Lexie, navigante al largo delle coste indiane.
Secondo la ricostruzione italiana, un peschereccio indiano andava avvicinandosi alla petroliera e, sospettando che potesse trattarsi di attività di pirateria, i due spararono alcuni colpi di avvertimento in acqua, ma, ciò nonostante, la St. Anthony – così il nome del peschereccio – non desistette dall’avvicinarsi.
A seguito di ciò, la petroliera italiana venne raggiunta da una comunicazione via radio che la invitava ad avvicinarsi e ad attraccare al porto di Kochi, per via di indagini circa la morte di due pescatori presenti sul peschereccio, interessato dalla sparatoria.
Enrica Lexie decise di dare seguito alla richiesta e, da allora, la vita dei due militari cambiò per sempre: il 19 febbraio 2012 Latorre e Girone vennero arrestati e posti in custodia cautelare con l’accusa di omicidio. I due fucilieri hanno pensato di essere sotto attacco di pirati, così come confermato dal personale indiano a bordo della nave, sentito dagli inquirenti italiani, come si legge su molte autorevoli testate; al quadro sopra descritto – si ripete, insuperabile – c’è anche la totale carenza di qualsivoglia elemento soggettivo che, come noto, deve sorregge tutto il fatto. L’archiviazione rappresenta quindi una coerente e corretta applicazione della Legge.
L’autore è Direttore nazionale dell’Ispeg