Strategia della tensione pure sul salario minimo? A leggere le dichiarazioni del sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, il sospetto che il Carroccio abbia aperto un altro fronte con i Cinque Stelle sembra tutt’altro che infondato. “Un buon contratto è sempre meglio del salario minimo per legge. In Italia le priorità sono altre”, ha detto chiaro e tondo l’ex sindacalista dell’Ugl, asceso in quota Lega al ministero guidato da Luigi Di Maio, parlando davanti alla platea di un convegno della Cisl, al quale ha partecipato anche la presidente della commissione Lavoro del Senato, Nunzia Catalfo, dei Cinque Stelle. Che, però, al momento dell’intervento del sottosegretario aveva già lasciato la sala per un altro impegno.
Certo, nel Movimento non l’hanno presa per niente bene. “Il salario minimo è nero su bianco nel contratto di Governo, Durigon se ne faccia una ragione. Quanto alle sue posizioni, nessuna sorpresa: da ex sindacalista ha sposato, evidentemente, le posizioni dei sindacati”, hanno commentato fonti parlamentari del Movimento contattate da La Notizia. Il ddl sul salario minimo prevede una soglia minima legale di 9 euro lordi ora al di sotto della quale non si può scendere. I sindacati temono che, in questo modo, venga messo in discussione lo strumento della contrattazione. Tesi, a quanto pare, sposata da Durigon. Ma respinta al mittente dai Cinque Stelle. Che ricordano, dati Istat alla mano, come 2,9 milioni di lavoratori siano a rischio povertà.
Qualche esempio? Si va da 6,51 euro l’ora per i servizi di pulizia ai 6,20 nella vigilanza privata, fino ai 5,18 per gli operai agricoli. Una condizione che interessa il 12,2% del totale dei lavoratori italiani contro una media europea del 9,4%. Un gap inaccettabile che, attraverso l’introduzione del salario minimo legale, i Cinque Stelle puntano ad eliminare. In media, per effetto della riforma, ciascuno dei 2,9 milioni di lavoratori a rischio povertà percepirebbe 1.073 euro in più all’anno. Ecco a cosa si oppone la Lega.