Di Marco Castoro
Organizzare un Mondiale di calcio porta sfiga. Tranne poche eccezioni (che confermano la regola) il Paese che ospita l’evento non vince la Coppa del Mondo. Non è capitato soltanto al Brasile, ma anche all’Italia nel 1990, alla Germania nel 2006, alla Spagna nel 1982 (in verità in quell’occasione le furie rosse non è che avessero così tante velleità di portarsi a casa il titolo iridato). È andata bene invece alla Francia di Zidane nel 1998, all’Argentina dei colonnelli nel 1978, all’Inghilterra del gol fantasma alla Germania nel 1966, alla stessa Germania che nel 1974 sconfisse l’Olanda del gioco totale di Crujiff. Anche l’Uruguay nel 1930 e l’Italia nel 1934 vinsero l’edizione casalinga, ma in verità fa poco testo, visto che si trattava di tornei diversi, con poche squadre partecipanti.
Le lacrime del Brasile
Comunque un conto è perdere un Mondiale giocato in casa ai supplementari o ai rigori, un altro è finire umiliati come accaduto al Brasile di Scolari contro i tedeschi. Nel 1990 gli azzurri furono eliminati dall’Argentina di Maradona e Caniggia ai tiri dal dischetto. Mentre fummo proprio noi a eliminare ai supplementari la Germania nel 2006. Tutte semifinali, quindi a un passo dalla finale. Il Brasile 64 anni fa, nel 1950, organizzò un altro campionato del mondo che finì con diversi suicidi in preda alla disperazione e l’allenatore e i giocatori della Selecao costretti a fuggire all’estero perché minacciati di morte. Questa volta nessuno sparerà a Scolari e ai suoi uomini. Seppure per cancellare un’umiliazione del genere ci vorranno 50 anni, come ha detto Mourinho. Che forse è stato anche un po’ ottimista. Di sicuro, come dicono a Rio de Janeiro, solo ora gli artefici della disfatta del 1950 possono riposare in pace. A prenderne l’eredità ci sono David Luiz e compagni. Subire 7 gol può capitare nel calcio. Ma non accade a certi livelli e soprattutto in una semifinale mondiale. La disfatta rappresenta comunque un trauma. Il Catania da quando perse 7-0 all’Olimpico contro i giallorossi, affronta la Roma sempre con il coltello tra i denti. Spesso l’ha battuta ed è risultata decisiva anche nel far perdere uno scudetto a Totti e compagni. Lo stesso club giallorosso non ha ancora dimenticato il clamoroso 7-1 subito a Manchester contro i Red Devils. E non l’hanno dimenticato nemmeno i tifosi laziali che ne hanno fatto uno slogan di sfottò antiromanista.
La disfatta unisce
La stampa brasiliana è stata molto severa con gli artefici della disfatta. Si è parlato di vergogna, di umiliazione. Sono state pubblicate prime pagine con sfondi neri. A lutto. Sono finiti sotto accusa le scelte e i metodi di allenamento del ct Scolari e del suo staff. Ma una disfatta che scatena pianti isterici e drammatici, paradossalmente, unisce la gente alla stessa maniera di una storica vittoria. Le grandi tragedie come il lutto e le gioie immense hanno l’effetto di unire i popoli e non di dividerli. Prima di questo Mondiale si temeva per l’unità di un popolo, alle prese con le contestazioni scatenate proprio dall’organizzazione dell’evento calcistico, per le manifestazioni, gli scontri. Si diceva che il Mondiale vinto avrebbe portato la pace tra la fazioni. E invece la pace l’ha portata il dramma di una figuraccia che resterà la più vergognosa della storia del Paese.
“Rialzati Brasile” è lo slogan del presidente Dilma Rousseff, che ora però teme pure il tracollo dei sondaggi di popolarità.