Sono i tre i punti controversi intorno ai quali ruota lo scontro, in seno al Consiglio Ue, sul Recovery Fund. Primo: le dimensioni finanziarie – e quindi la dotazione del fondo – della risposta anti-crisi, che oscilla tra i 750 miliardi di euro proposti dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e i 500 non oltre i quali vorrebbero si andasse i Pesi frugali. Secondo: la ripartizione delle risorse tra aiuti a fondo perduto e prestiti (da restituire), che secondo l’impostazione di Bruxelles dovrebbe essere in rapporto di due terzi (a fondo perduto) a un terzo (prestiti).
I soliti frugali chiedono di incrementare i prestiti a discapito del fondo perduto. Terzo: l’assegnazione al Consiglio Ue (quindi ai governi degli Stati Europei) del potere di bocciare i piani nazionali d’investimento. Una soluzione questa fortemente avversata dall’Italia che non vuole permettere, ad esempio, all’Olanda di stabilire come dobbiamo spendere le risorse destinate al nostro Paese. Ma quali armi ha a disposizione il premier Giuseppe Conte per far valere le ragioni italiane? La partita del Recovery Fund si incrocia con altre questioni. Innanzitutto quella del Bilancio comunitario 2021-2027 in relazione al quale Austria, Olanda, Danimarca e Svezia – i Paesi più sordi alle richieste dell’Italia – chiedono uno sconto circa il contributo a loro carico afferente allo stesso Bilancio.
Il presidente francese Emmanuel Macron ha ribadito che i due binari (piano anti-crisi e Bilancio comunitario pluriennale) sono strettamente collegati: “Bisogna raggiungere un compromesso su entrambi perché servono a costruire una nuova sovranità europea”. Il nostro presidente del Consiglio, per imporre la linea italiana sul Recovery Fund, si spinge addirittura ad agitare l’arma del veto al meccanismo di sconti (i rebates) che permette ai Paesi frugali, ma anche alla Germania, di risparmiare 6,4 miliardi di euro sui contributi da versare al Bilancio dell’Unione europea (“Una pessima idea aiutare le Nazioni già ricche”, è la posizione al riguardo di Polonia e Repubblica Ceca).
Ma il premier olandese Mark Rutte (nella foto) pretende che gli sconti dovranno essere non solo confermati ma addirittura maggiorati. Per ottenere l’Ok dell’Italia dovrà scendere quindi a patti con il nostro Paese che chiede anche che il Recovery Fund sia attivo entro un mese e che duri almeno tre anni, uno in meno rispetto alla proposta iniziale della Commissione Ue ridimensionata dal Consiglio europeo.