Cronaca di una morte annunciata. È morto per tumore Matteo Messina Denaro, uno dei più sanguinari e crudeli capi di cosa nostra. Uno dei principali responsabili delle stragi di Capaci e di via D’Amelio, dove furono uccisi i magistrati Falcone e Borsellino, delle bombe a grappolo che hanno insanguinato il Paese, del sequestro, tortura, strangolamento e scioglimento nell’acido di un bambino colpevole solo di essere figlio di un collaboratore di giustizia.
Con Messina Denaro scompare, con molta probabilità, l’ultimo efferato simbolo della stagione terroristico-mafiosa, fortemente voluta da Totò Riina, che portò all’attacco militare nei confronti dello Stato, per distruggere anche gli originari interlocutori politici ed istituzionali che non erano più affidabili e per iniziare una trattativa che portasse prima ad un cessate il fuoco e poi alla convivenza tra mafia e politica, tra mafia e Stato.
La latitanza dorata sotto il naso dello Stato. Il boss di Cosa nostra Matteo Messina Denaro si porta nella tomba silenzi e segreti
Messina Denaro si porta nella tomba silenzi e segreti. È morto da mafioso orgoglioso e non pentito, fiero della sua crudeltà e di non essere stato un traditore. Dall’arresto di Messina Denaro alla sua morte c’è stata e ci sarà una narrazione di rappresentanti dello Stato e della politica che vogliono far passare la linea di una vittoria dello Stato sulla mafia. Nulla di più lontano dalla realtà.
In primo luogo dobbiamo ricordare che Messina Denaro è stato latitante per circa trent’anni sotto il naso dello Stato, ha vissuto indisturbato nella sua terra, ha avuto più amanti, girava per negozi, si curava, ma nessuno ha mai visto nulla e sentito nulla, nonostante non avesse nemmeno cambiato i connotati fisici. Viene, poi, arrestato a pochi mesi dalla morte, con una malattia in fase già terminale, potendosi ipotizzare che quanto meno si è lasciato prendere nel senso almeno di aver abbassato il livello di allerta.
Ma soprattutto ciò che più conta ai fini anche investigativi è che dopo le stragi del 1992/1993 Messina Denaro non viene arrestato e la trattativa tra pezzi di Stato e cosa nostra raggiunge il suo obiettivo portando all’individuazione di nuovi interlocutori politici ed istituzionali ed alla convivenza con la mafia. Messina Denaro è la transizione mafiosa dalle bombe, alla trattativa, alla convivenza, con i rischi di una reductio ad unum tra poteri legali e poteri criminali.
Vince quella “strategia politica” che l’ndrangheta ha attuato per prima e in maniera più efficace rispetto a cosa nostra. La strategia di entrare nel cuore dello Stato, mimetizzarsi, divenire “cosa unica”. Meno clamore mediatico meno controlli, meno sangue meno cortei, zero omicidi eccellenti zero fiaccolate, utilizzare quindi gli strumenti dello Stato anche per abbattere tutti coloro che nello Stato e non solo nello Stato non si sono arresi a contrastare le mafie di ultima generazione: borghesia mafiosa, massomafie, logge occulte che governano con convergenze parallele pezzi rilevanti di istituzioni.
Gli irregolari al sistema e alla criminalità istituzionale vengono ostacolati, fermati e non di rado distrutti professionalmente con i proiettili istituzionali, la carta da bollo, la legalità formale. Il sistema criminale utilizza gli stessi strumenti dello Stato, creandosi quindi una pericolosa confusione tra bene e male, tra buoni d cattivi. E la lotta non è più con l’antistato, ma con chi dentro lo Stato tradisce non essendo più una mela marcia ma un frutteto contaminato.
In questi trent’anni bravi e coraggiosi magistrati, insieme a valenti e leali poliziotti, carabinieri e finanzieri hanno lavorato e lavorano per fare luce sulle tenebre della Repubblica, ma ancora verità e giustizia sono lontane, anche perché ostacolate da chi all’interno del potere, ricoprendo anche ruoli apicali nelle istituzioni del nostro Paese, ha fatto di tutto per ostacolare le indagini. E nel Paese della normale devianza e del ribaltamento dei valori si deve anche assistere dopo la loro morte ad un riprovevole processo di beatificazione.
Con la fine di Messina Denaro siamo al definitivo giro di boa, si consolida l’obiettivo piduista eversivo di corrodere alle radici la democrazia e arrivare al cuore dello Stato, prendendo le decisioni in luoghi altri da quelli delle istituzioni per poi ivi ratificarle formalmente. Ha vinto la strategia delle logge occulte, della ‘Ndrangheta e della criminalità istituzionale: prendere il potere, esercitarlo, abbassare l’attenzione dei media, togliere la mafia e la corruzione dalla priorità dei problemi del Paese.
La cattura del capomafia di Castelvetrano è stata segnata dalla falsa narrazione della sconfitta inflitta alle mafie dalle istituzioni
Siamo alla fase endemica della mimetizzazione. Gli anticorpi però ci sono: studio e conoscenza dei fatti, competenza della classe dirigente con valori di onestà, autonomia e coraggio, rivoluzione culturale che spazzi via il modello subculturale mafioso, sostenere chi contrasta ad ogni livello sociale ed istituzionale un sistema corruttivo e mafioso che sta diventando abito sartoriale sociale del potere.
Non sarà facile, anzi sarà difficilissimo, perché le mafie detengono un potere economico da poter provocare potenzialmente il default dell’Italia, penetrando nel controllo di fiumi di denaro pubblico entrano a stretto contatto con politica, pubblica amministrazione ed istituzioni. Con la corruzione di ultima generazione hanno dimostrato che prevale la politica del prezzo giusto: molti hanno un prezzo e chi non ha prezzo paga un prezzo immane. Non debbono preoccupare più di tanto i politici infedeli, perché la matita in cabina elettorale prima o poi li travolgerà, ma l’inquinamento a macchia d’olio di rilevantissimi apparati dello Stato e anche il silenzio degli onesti.
Messina Denaro è l’orrore mafioso che ci ha condotto al proliferare di colletti bianchi con vestiti puliti ma con le coscienze sporche. Se non si affronta il nodo della questione morale non usciremo da questo pantano. Il modello di Messina Denaro è quello del potere, del denaro, della violenza, dell’odio, della sopraffazione, dell’ostentazione, della disumanità. Modello diffuso non solo in chi è barbaro e crudele per scelta e lo mostra, ma anche in quelli che vestono i migliori abiti della nostra società e dell’ordine costituito.
Si deve lottare in direzione ostinata e contraria per raggiungere verità e giustizia e probabilmente scopriremo che i mostri non sono solo quelli che non nascondono di essere mostri ma quelli che fanno vedere di contrastare i mostri ma in realtà sono quelli che tengono in vita i mostri per far vedere anche che li contrastano.