Il bluff di Meloni si scioglie sotto il sole: balneari al capolinea

La protesta simbolica dei balneari si scontra con il silenzio del governo Meloni, mentre l'Europa preme per una soluzione ormai inevitabile

Il bluff di Meloni si scioglie sotto il sole: balneari al capolinea

Forse sarebbe meglio chiarire subito che lo “sciopero dei balneari” non era uno sciopero. Si trattato di due ore di serrata dalle 7 e 30 del mattino, quindi in spiaggia ci sono solo i gabbiani che non affittano lettini e ombrelloni. Il Sindacato Italiano Balneari e Fiba-Confesercenti esulta parlando di “successo strepitoso”. 

Lo sciopero-farsa degli ombrelloni: una protesta senza pubblico

“Abbiamo registrato una massiccia partecipazione in tutta Italia allo sciopero degli ombrelloni, oltre ogni aspettativa”, hanno affermato Antonio Capacchione, presidente del Sindacato Italiano Balneari aderente a Fipe/Confcommercio e Maurizio Rustignoli, presidente Fiba-Confesercenti. Capacchione non le manda a dire alla presidente del Consiglio: “Il mio non è uno stabilimento vip, – dice – è un lido nazional popolare di Margherita di Savoia frequentato da contadini e operai, ma visto che la premier Meloni sta in Puglia, la sfido a venire da me a parlare qui, sotto l’ombrellone, per chiarirci. Ma sono certo che non avrà il coraggio, preferisce il resort nel Salento”. Per Capacchione era addirittura “meglio la legge Draghi” perché “il far west fa male a tutti”. 

Il successo definito strepitoso è invece solo “una sceneggiata” per Massimo Dona presidente dell’Unione Nazionale Consumatori perché “lo sciopero dei balneari si chiude a tarallucci e vino, o forse dovremmo dire a pane e pomodoro, considerato che alcuni gestori hanno optato per fare banchetti e brindisi con i loro clienti”. Il Codacons parla di “adesioni al di sotto delle attese e organizzazioni totalmente divise sulla serrata”.

Il silenzio di Meloni e l’ombra dell’Europa: un governo in fuga dalle responsabilità

Di certo c’è il silenzio della presidente del Consiglio che lascia l’imbarazzo ai suoi ministri e la maggioranza. Il viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, ripete la solita manfrina del “trovare una posizione di mediazione tra le giuste esigenze degli imprenditori e le regole europee”. Solo che mediare sulle regole significherebbe riscriverle e dalle parti di Bruxelles e dei balneari la pazienza è esaurita da tempo. 

Il cerino rimane in mano al ministro Raffele Fitto che continua a trattare con l’Europa dentro margini ridottissimi. Il manico del coltello è nelle mani dell’Unione europea che tra due mesi aspetterà il verdetto della Corte di giustizia europea quando l’infrazione sarà scritta nero su bianco. A quel punto la melina del governo costerà per ogni giorni di ritardo, rischiando di diventare un clamoroso autogol politico con i balneari, con l’Europa e per il bilancio dello Stato. 

La soluzione sul tavolo è sempre e solo una: dare il via subito alle gare come scritto nel ddl Draghi senza concedere nessun vantaggio e nessun indennizzo agli attuali gestori. La Corte di giustizia Ue ha già specificato che non esiste nessuna possibilità di indennizzo per “le opere non amovibili realizzate nell’area concessa”. Della stessa idea è anche il Consiglio di Stato che ha confermato l’impostazione europea nelle sue recenti sentenze. 

Che andrà a finire male lo sanno bene dalle parti del governo. Modificare l’ineluttabile è impossibile. Ora tocca trovare una narrazione compiacente per andare di fronte alla lobby accarezzata in campagna elettorale e dirle che quelle promesse erano vane. La presidente del Consiglio che voleva “cambiare l’Europa” a quel punto dovrà ammettere la sua sconfitta politica e l’ipocrisia elettorale. 

In Romagna l’ex amico di Salvini ed ex europarlamentare nella scorsa legislatura, Massimo Casanova, ha aderito alla protesta contro il governo. “Se non ci crede nemmeno lui allora è finita davvero”, dicono i suoi colleghi. La festa è finita, i balneari tornano a essere una categoria dentro le regole. Il tradimento è già consumato, manca solo la carta bollata.