Tante belle promesse e garanzie di aiuto. E niente più. La Commissione europea esprime preoccupazione per l’aumento degli sbarchi in Italia (il doppio rispetto allo scorso anno), ma su accoglienza e rimpatri continua a fare molto poco. Il sistema per la redistribuzione dei migranti, su base volontaria, continua a funzionare a singhiozzo.
Il sistema per la redistribuzione dei migranti, su base volontaria, continua a funzionare a singhiozzo
E neanche il governo guidato da Giorgia Meloni sembra voler porre più di tanto l’attenzione sul tema in Ue, sapendo che parlare di sbarchi probabilmente per calcoli elettorali, dovendo di fatto ammettere il fallimento di tutte le strategie promesse in campagna elettorale per ridurre gli sbarchi.
Una portavoce della Commissione Ue fa sapere che l’esecutivo comunitario è molto preoccupato per l’aumento degli arrivi nel Mediterraneo centrale e in Italia, ma si limita a ribadire la collaborazione con le autorità italiane per decongestionare l’hotspot di Lampedusa. Lo fa soprattutto “attraverso l’assistenza di emergenza che consente il trasferimento aereo dei migranti vulnerabili dall’isola ad altre località del territorio italiano”. L’accoglienza di questi migranti, insomma, resta tutta in capo all’Italia.
D’altronde la situazione è sempre la stessa: sull’accoglienza la trattativa in Ue non si è sbloccata. L’8 giugno sembrava essere arrivato un importante passo avanti con l’accordo al Consiglio europei dei ministri dell’Interno. L’intesa prevedeva ricollocamenti comunque non obbligatori, ma con una sorta di multa da pagare per chi li rifiuta. Un accordo in ogni caso problematico per i paesi di primo ingresso, come l’Italia, perché alla fine l’accoglienza resta in mano loro. E anche sui rimpatri il meccanismo pensato per velocizzarli, senza accordi di riammissione, sembra difficilmente realizzabile.
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Il problema principale, però, è che neanche questa intesa è stata poi conclusa, con l’opposizione di Polonia e Ungheria al Consiglio europeo di fine giugno. Proprio i due Paesi alleati di Meloni, da sempre più vicina ai premier di Varsavia e Budapest che non alle cancellerie di Berlino o Parigi. A Meloni era stato anche affidato il compito di mediare: tentativo fallito. E alla fine ha anche difeso i suoi alleati, dicendo che lei non è “mai insoddisfatta da chi difende i propri confini nazionali”. Neanche quando questo va a scapito dei suoi confini nazionali, evidentemente. Le trattative sul nuovo Patto per l’asilo e la migrazione, quindi, non sono chiuse. E la situazione per l’Italia non cambia.
La Commissione, in queste settimane di sbarchi aumentati, si limita a ricordare che il meccanismo di solidarietà volontario per la redistribuzione dei migranti è attivo. Attualmente, sottolineano a Bruxelles, degli 8mila impegni presi dagli Stati aderenti, “sono state effettuate 2.548 ricollocazioni in totale, di cui 1.076 dall’Italia”. Soprattutto, si ricorda ancora, grazie agli impegni di Francia e Germania.
Per il momento, però, la Commissione si limita a sostenere l’Italia a casa sua, inviando esperti a supporto del ministero dell’Interno e delle prefetture. Nessuna imposizione, forzatura o pressione sugli altri Stati membri per aumentare l’accoglienza. Così le uniche premesse riguardano il sostegno per i trasferimenti in altri centri di accoglienza in Italia e risorse aggiuntive. E a gestire tutto resta l’Italia. Con un governo che, pur di non far notare il problema migranti, preferisce restare in silenzio.