Ignazio Corrao, europarlamentare indipendente nei Verdi europei ma soprattutto ex M5S, ha le idee chiare sui motivi che hanno terremotato il Movimento, con la scissione di Luigi Di Maio, e sulle soluzioni per una ripartenza. Per Corrao non solo il Movimento non è finito con l’uscita del ministro degli Esteri ma Giuseppe Conte ha la possibilità di rilanciarlo. “Con un Movimento risanato e rinsavito potrebbero ritornare a dialogare uomini come Alessandro Di Battista e, perché no, come me”, ammette. Insomma, le recenti fuoriuscite rappresentano una grande opportunità politica per Conte: “Si dice che tolti i rami secchi si veda di nuovo il cielo”.
Di Maio era un ramo secco?
“Rispetto al percorso nuovo che vuole fare Conte avere una parte di Movimento che aveva come obiettivo rimanere al potere e coltivare le proprie carriere era un ostacolo. Quando sono nati il Governo gialloverde e quello giallorosso c’era una logica secondo cui il M5S, a parte alcune distanze siderali con le forze alleate, puntava a portare a casa risultati importanti. Ma quello che è successo dopo è stata la negazione di qualsiasi programma e di qualsiasi obiettivo rispetto anche a quello che era stato il volere popolare. è stato un vivacchiare finalizzato al mantenimento di poltrone e potere. E questo ha determinato la disaffezione a livello elettorale. Io questa deriva l’ho anticipata due anni fa quando sono uscito dal Movimento”.
Dove può andare Di Maio?
“Fare un partito di centro con gli stessi presupposti di Alfano, Mastella, Lupi, Renzi, Calenda, non ha alcun senso. In quale bacino possono andare a prendere consenso? Da nessuna parte. Possono solo negoziare qualche poltrona ma questa cosa non ha nulla a che fare con i motivi per cui siamo stati votati. Quello che ha detto Di Maio è ridicolo se paragonato a quello che diceva in campagna elettorale, al programma e ai valori che sbandierava e con cui ha preso i voti. A volte stare in quei palazzi fa perdere il senso della realtà. Di Maio ha rinnegato tutto quello con cui e per cui è entrato in politica e in Parlamento. Ora si professa draghiano, atlantista, moderato e blabla. È il più grande trasformista della politica italiana. Uno che andava dietro a Matteo Salvini, che diceva che avrebbe votato per l’uscita dall’euro, che andava dai gilet gialli, che diceva che il sovranismo era il futuro, oggi parla come se fosse l’assistente di Alfano. Ma almeno Alfano è stato sempre coerente rispetto al mondo dc da cui proveniva. È stato Di Maio a chiedere l’impeachment a Mattarella, lui a dire al Pd che era il partito di Bibbiano”.
Quindi quello che è successo secondo lei ha a che fare con la disputa sul limite dei due mandati?
“Ovviamente sì. Di Maio fino a quando è stato protetto da Beppe Grillo non ha rotto. Quando questi gli ha tolto la sua protezione ha attivato il piano B. Il suo unico scopo è stare dietro a Draghi e a quei poteri che gli possano garantire un futuro personale”.
Il Movimento è finito?
“Assolutamente no. Il primo step è stato liberarsi dai rami secchi di chi pensa al potere e alla carriera. Il secondo passo dovrebbe riguardare il rilancio del Movimento come forza ambientalista e attenta ai temi della giustizia sociale, come ha fatto finora con le battaglie sul Reddito di cittadinanza e sul Salario minimo. L’altro passo sarebbe smarcare il M5S da questa accozzaglia di Governo. Conte ha un buon credito ma ha bisogno di circondarsi di gente che portino nuovo entusiasmo e nuova linfa. Ora che, da ex premier, ha esaurito la fase della responsabilità nazionale può programmare l’uscita da un esecutivo in cui le istanze ambientaliste e di welfare, con partiti come FI e Lega, sono a dir poco sacrificate. Tanto i responsabili alla Alfano e alla Scilipoti sono usciti fuori”.
Di Maio dunque come Scilipoti?
“Di Maio non ha capito che se avesse utilizzato il suo potere per una causa collettiva e non per fini personali avrebbe ora più speranze per sopravvivere e, soprattutto, molta più gloria”.