Se ne parla tra le toghe, tra le forze dell’ordine e, a quanto pare, anche tra le fila del governo. Insomma dopo anni di chiacchiere, l’ambita poltrona di capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) potrebbe finire nelle mani del procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri.
La Meloni pensa al procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri come possibile capo del Dap. Ma il pm antimafia ha idee divergenti da Nordio
Un nome che ciclicamente spunta fuori quando c’è da fare qualche nomina pesante ma che fin qui ha avuto sempre poca fortuna. Un destino che, però, questa volta potrebbe essere ben diverso perché in suo favore è arrivato l’endorsement del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe) che sul proprio sito web gli ha dedicato un articolo dal titolo eloquente: “Gratteri! Gratteri! Gratteri!”.
Un nome su cui c’è sempre stata grande convergenza – cosa che rende ancor più incomprensibile il perché non sia mai riuscito a spuntarla per gli incarichi in cui veniva proposto – che piace da sempre al Movimento 5 Stelle che lo ha sempre indicato come un perfetto capo delle carceri.
Gli altri due papabili per il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sono il procuratore di Napoli Riello e l’attuale numero uno Renoldi
La novità, semmai, è che il procuratore di Catanzaro sembra incontrare il favore anche di parte del Governo al punto che oggi Gratteri farebbe parte della short list di tre nomi tra cui verrà scelto il prossimo capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Gli altri due sono il procuratore generale di Napoli, Luigi Riello, e l’attuale capo del Dap Carlo Renoldi che potrebbe venire riconfermato in nome della continuità. Difficile se non impossibile fare pronostici su come si potrà chiudere questa delicatissima partita.
Ci saranno interlocuzioni nel Governo, probabilmente anche nella maggioranza, e alla fine il ministro della Giustizia Carlo Nordio formulerà la sua proposta al Consiglio dei ministri che procederà con la nomina. E proprio il fatto che a decidere sarà il guardasigilli rende l’intera partita piuttosto complicata. Questo perché su come organizzare il comparto della Giustizia, Nordio e Gratteri hanno spesso palesato opinioni piuttosto divergenti come lo sono anche le loro personalità.
Il primo, infatti, è da sempre interprete del garantismo mentre il secondo viene spesso bollato come un giustizialista di ferro. Per non parlare del fatto che il ministro della Giustizia nelle sue dichiarazioni pubbliche è sempre stato piuttosto misurato nelle sue parole, a differenza del procuratore di Catanzaro che viene spesso e volentieri accusato di eccessivo protagonismo mediatico.
Differenze che sono palesi anche sul giudizio che i due danno della recente riforma Cartabia, con il guardasigilli eletto con Fratelli d’Italia – come anche tutti gli esponenti della maggioranza – che ne ha dato un parere tutto sommato positivo pur affermando che il testo è migliorabile mentre il secondo l’ha bocciata senza appello in numerose occasioni.
Ma le divergenze non si fermano qui. In merito al sovraffollamento dei penitenziari, come spiegato venerdì scorso al convegno svolto nel carcere di San Vittore a Milano, Gratteri ha una ricetta che prevede di “mettere ai domiciliari i detenuti tossicodipendenti, con percorsi di terapia”, cosa che farebbe venire l’urticaria a Matteo Salvini & Co, ma che dovrebbe andare di pari passo con “la costruzione di nuove strutture detentive o l’ampliamento di quelle esistenti” che piace al Centrodestra.
Gratteri non è la prima volta che viene proposto per qualche poltrona di peso
Quel che è certo è che Gratteri non è la prima volta che viene proposto per qualche poltrona di peso, salvo poi venire puntualmente – e inspiegabilmente – stoppato. Uno dei casi più eclatanti è quello successo quando Matteo Renzi sedeva a Palazzo Chigi e aveva pensato al procuratore di Catanzaro come ministro della Giustizia.
Quando le cose sembravano ormai fatte, al punto che il leader di Italia Viva gli aveva assicurato “piena autonomia per riformare la Giustizia”, qualcosa andò storto nel confronto decisivo con l’allora Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, al punto che la candidatura di Gratteri tramontò. Una storia che si è ripetuta anche a maggio scorso quando la carriera professionale del procuratore di Catanzaro sembrava stesse facendo un passo in avanti, subiva l’ennesimo stop.
Quella volta Gratteri sembrava averla spuntata come erede di Federico Cafiero de Raho a Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Ancora una volta quando ormai sembrava tutto fatto, è arrivata la bocciatura dal Consiglio superiore della magistratura che, come troppo spesso è accaduto, ha lasciato il procuratore di Catanzaro a bocca asciutta.