Ora lo dicono anche i vescovi. Che prima hanno bocciato, con il presidente della Cei, Matteo Zuppi, il premierato e che ora esprimono preoccupazione anche sull’Autonomia differenziata. Insomma, le due riforme più importanti del governo guidato da Giorgia Meloni vengono bocciate senza appello. Quel progetto di legge, dice la Conferenza episcopale italiana, “rischia di minare le basi di quel vincolo di solidarietà tra le diverse Regioni che è presidio al principio di unità della Repubblica”.
L’allarme della Cei sull’Autonomia differenziata
Il ddl Calderoli, quindi, può fare venir meno l’unità e la collaborazione tra le Regione. Un rischio, mettono in guardia i vescovi, che “non può essere sottovalutato, in particolare alla luce delle disuguaglianze già esistenti, specialmente nel campo della tutela della salute, cui è dedicata larga parte delle risorse spettanti alle Regioni”. Un settore, quello sanitario, che “suscita apprensione” tra i cittadini in quanto ritenuto “inadeguato” sia “per i tempi sia per le modalità di erogazione dei servizi”.
Problema che, questo l’allarme lanciato tra le righe dalla Cei, rischia di acuirsi con ancora più differenza tra le situazioni delle diverse Regioni italiane. Difatti ciò che viene segnalato è che i percorsi verso l’autonomia “non possono non tener conto dell’effettiva definizione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale”.
La Cei sottolinea come a preoccupare sia “qualsiasi tentativo di accentuare gli squilibri già esistenti tra territori, tra aree metropolitane e interne, tra centri e periferie”. Il punto è, semplicemente, che per i vescovi “non c’è sviluppo senza solidarietà, attenzione agli ultimi, valorizzazione delle differenze”.
Dalla Cei bocciatura del testo voluto dalla Lega: “Il pericolo è di accentuare gli squilibri tra i territori”
La Cei decide quindi di rivolgere un appello “alle istituzioni politiche affinché venga siglato un patto sociale e culturale, perché si incrementino meccanismi di sviluppo, controllo e giustizia sociale per tutti e per ciascuno”. In sostanza, un modo per dire che si deve andare proprio nella direzione opposta a quella intrapresa con il disegno di legge sull’Autonomia. Nella Nota ufficiale, approvata dal Consiglio episcopale permanente il 22 maggio, vengono raccolte le “preoccupazioni emerse dall’episcopato italiano”.
L’impressione è che quella dei vescovi sia una critica a una visione del Paese in cui si perde il “principio di unità e corresponsabilità”, che dovrebbe invece servire per “ritrovare il senso autentico dello Stato, della casa comune, di un progetto condivido per il futuro”. Principio che, non a caso, la Cei ritiene “molto attuali” nel momento in cui si discute dell’Autonomia differenziata: “È proprio la storia del Paese a dirci che non c’è sviluppo senza solidarietà”. Due sono i rischi, per i vescovi: o la promozione di “singole realtà senza chiedere loro di impegnarsi per il bene comune” o il timore di “accentrare tutto a livello statale senza valorizzare le competenze dei singoli”.
Governo in silenzio
Di fronte all’allarme lanciato dalla Cei, il governo e la maggioranza decidono di tacere. Venendo, però, incalzati dall’opposizione, che chiede al centrodestra di considerare i timori sollevati dai vescovi italiani. Francesco Boccia, presidente dei senatori del Pd, sottolinea che “di fronte a questo quadro sconcertante sarebbe meglio che il governo fermasse i suoi progetti di riforme e si occupasse dei problemi dei cittadini, delle famiglie e delle imprese italiane”.
Anche per Italia Viva il rapporto della Cei evidenzia come sia necessario “usare il buon senso e molta accortezza” quando “si mette mano all’assetto dello Stato”. Per Rosa Maria Di Giorgi, membro della direzione nazionale di Iv e candidata alle europee, “nel contesto italiano intaccare il principio di solidarietà interregionale può innescare, direttamente o indirettamente, pericolosissime dinamiche che in ultima istanza potrebbero portare anche alla disgregazione del principio di unità nazionale sancito dalla nostra Costituzione”. Ma il governo di tutto ciò sembra non tenerne conto.