Se lo si chiede a un anziano milanese, vi dirà che è famosa perché ci abitava Gino Bramieri. Ponendo la domanda a uno studente di architettura, vi risponderà che è il massimo simbolo dell’architettura “brutalista” in Italia. Per Hines, uno dei principali “player a livello globale attivo nel settore real estate”, la Torre Velasca, uno dei simboli di Milano, 26 piani e 106 metri di altezza, è l’ennesima gallina dalle uova d’oro. Per comprare il palazzo e restaurarlo la società ha investito 230 milioni di euro.
Le Società di gestione del risparmio, insieme ai fondi di investimento, sono i nuovi padroni di Milano
Ma a ristrutturazione terminata potrà immettere sul mercato immobiliare milanese una Torre Velasca “con nuovi uffici (dal secondo al diciassettesimo piano), i suoi sette piani residenziali da mettere in affitto (dal 19° al 26° piano) e i suoi nuovi spazi commerciali al piano terra con negozi, al primo piano e al 18° con la ristorazione (dove saranno aperti due ristoranti della catena inglese Sushisamba), mentre al 17° sarà aperto un club. All’interno della torre rinata troveranno spazio anche una spa e un garage, ai piani interrati”, come si legge sul sito Urban Life.
Hines è la stessa società che nei primi anni 2000 ha edificato il complesso di Porta Nuova, poi ceduto al fondo Qatar Investment. È una Sgr, acronimo che sta per Società di gestione del risparmio. Sono queste società, insieme ai fondi di investimento, i nuovi padroni di Milano. Il modo più proficuo per realizzare utili, in un contesto che si sta “riqualificando” è infatti quello di creare un nuovo complesso residenziale, di lusso, allontanando i poveri e attraendo i ricchi.
Emblematico il caso del complesso di via Sulmona e via Tertulliano. Era dell’Enpam poi lo ha acquistato una società di private equity con sede a New York
Emblematico il caso del complesso residenziale di via Sulmona e via Tertulliano in cui risiedono 500 famiglie, tutte in affitto, che versano un canone concordato. Di proprietà del fondo pensione Enpam, l’organismo di previdenza del personale medico lo ha dismesso nell’autunno. L’acquirente è l’Apollo Global Management, una società di private equity con sede a New York, che ha poi affidato l’immobile a InvestiRe Sgr, gruppo Banca Finnat Euramerica Spa, che ha costituito due appositi fondi, “Hestia” e “Basiglio”.
La prima cosa che hanno fatto i nuovi proprietari? Hanno iniziato a inviare lettere di disdetta dei contratti di locazione man mano che questi scadevano. A Milano, infatti, si vende, anche nell’estrema periferia, a prezzi molto più elevati rispetto a quelli di costo. In via Sulmona vecchi appartamenti come quelli alienati dall’Enpam vengono messi sul mercato per cifre vicine ai tremila euro al metro quadrato, ma “se si fa una operazione ‘come si deve’ è possibile rivenderli anche a più di cinquemila euro”, spiega Gian Gaetano Bellavia, commercialista, esperto di Diritto penale dell’economia e di riciclaggio.
“Sono cifre assolutamente al di fuori della portata delle persone normali – aggiunge -. Date queste premesse, per quale motivo le società che hanno comprato questi immobili dovrebbero favorire l’affitto a canoni equi a chi abita o abiterà lì? Ovviamente non hanno alcun interesse a operazioni di tipo sociale”.
Per Transparency International Italia l’impennata dei prezzi del mattone non è affatto casuale
Attualmente, sempre secondo Transparency International Italia, sarebbero trecento le operazioni immobiliari di questo tipo in corso a Milano, per un valore complessivo di 12,9 miliardi di euro. Tutte queste compravendite hanno in comune un investitore straniero, quasi mai una persona fisica, per lo più una società, spesso una Sgr, che investe per conto di un fondo, che a sua volta è al vertice di una catena di altri fondi. E se l’acquirente è un fondo d’investimento basato in un paradiso fiscale, le imposte derivate dal canone d’affitto potrebbero non finire all’Agenzia delle Entrate italiana. Discorso analogo per la plusvalenza che il fondo potrebbe ottenere rivendendo in futuro l’immobile a un’altra società”, spiegano i giornalisti Gloria Riva e Stefano Vergine di Transparency Italia.