Le Lettere

I taxi della Meloni

I taxi della Meloni

Sono stato a Roma per turismo con la famiglia. Quasi impossibile trovare un taxi di giorno o di notte. Mai vista una cosa così in alcuna capitale. È un’indecenza e nessuno se ne occupa.
Walter Carini
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Gentile lettore, non se ne occupa l’informazione italiana, sempre timorosa di fare cosa sgradita al governo, ma lo scandalo è noto all’estero. Euractiv, l’agenzia di stampa dell’Ue, ha di recente pubblicato un servizio intitolato “Italia ostaggio della lobby simil-mafiosa dei taxi (mafia-like taxi lobby)”. E non si riferisce solo a Roma. Dice che in Italia i taxisti sono 25-30 mila, molto meno della media europea, e spiega che “al cuore del problema c’è un mercato artificialmente ristretto, in cui è quasi impossibile entrare. La potente lobby è riuscita a bloccare la liberalizzazione e ha inscenato proteste, talvolta violente, chiedendo restrizioni al noleggio privato (Ncc). A Roma e Milano non si emettevano licenze da 20 anni, a Livorno dal ‘75. Nel 2023 il governo ha aumentato le licenze del 20%, assegnandole al prezzo di 75.500 euro a Roma e 96.500 a Milano”. I soldi dovevano andare in parte alle municipalità, invece Meloni li ha “dirottati al 100% a favore dei taxisti come ‘compenso finanziario’”. La licenza “da servizio pubblico è diventata un bene privato” e poiché rende molto “i taxisti la vendono a 200mila euro o anche 400mila a Venezia”, però poi “dichiarano un reddito medio di 15mila l’anno, 1200 al mese”. E qui si apre il capitolo dell’evasione fiscale che non ho lo spazio per riassumere. Ricordo solo che la lobby dei taxi, come quella dei balneari, è sempre stata un feudo delle destre.