Come sta l’esercito italiano? Ieri i sindacati militari hanno offerto un’immagine della situazione nell’esercito italiano: 5 suicidi dall’inizio dell’anno e 72 nel 2022. Poi ci sono le moltissime richieste d’aiuto. Ma i veri problemi stanno a monte.
Suicidi, stress, mobbing. Mentre spendiamo centinaia di milioni per spedire armi a Kiev, non si spende un soldo per il nostro esercito
Secondo l’associazione L’altra metà della divisa “i militari fanno una valutazione psicologica nella fase dell’incorporamento che è un quadro del momento. Tutti noi come esseri umani evolviamo e attraversiamo momenti di stress psicologico. I soldati di solito non sono richiamati a controlli psicologici se non su loro specifica richiesta o quando si è già evidenziato un disturbo. In tal caso viene messa in valutazione la loro idoneità al servizio e così i militari preferiscono curarsi le ferite da soli” spiega la presidente Rachele Magro.
“Nessuno si pone il problema delle cause”
Antonello Arabia, ex comandante e oggi presidente del Sum (Sindacato unico dei militari) lo dice con chiarezza: “La Difesa per legge deve annualmente presentare in Parlamento una relazione sullo stato delle Forze Armate. In una pagina specifica il fenomeno dei suicidi viene presentato all’interno dei decessi. L’ultimo presentato è del 2019 e noi abbiamo 23 suicidi per le Forze Armate e Carabinieri ma – aggiunge Arabia -. Nessuno si pone il problema delle cause. Io chiederei al ministro uno sforzo in più”.
“Il suicidio non è solo un disturbo psichiatrico”
Carlotta Lorefice, militare dell’Esercito psicologa e vice presidente del Sum spiega che “il suicidio non è solo un disturbo psichiatrico, ma ci si arriva dopo tutto un incastro emotivo che porta a quel gesto”: concorrono le aspettative (un militare valoroso e sempre forte pronto a a difendere la Patria), la paura di venire demansionati se si chiede aiuto e la difficoltà di dimostrare le situazioni di stress. Poi c’è quel “machismo” di questi tempi che confonde il coraggio di chiedere aiuto con la debolezza.
Anche per questo Paolo Melis, segretario generale del sindacato aeronautico Siam chiede l’istituzione di un soggetto terzo, esterno alla struttura militare, a cui potersi rivolgere in caso di bisogno. Melis sottolinea come al di là dei suicidi esista “un allarme sul benessere psicologico dei militari aeronautici” dovuto anche alle difficoltà e strettoie nei ricongiungimenti familiari: “I trasferimenti verso sud sono estremamente ridotti anche per categorie protette, non solo quindi per ricongiungimenti, ma anche per chi deve assistere malati con la 104”, spiega.
L’emergenza Covid ha portato a problemi di natura psicologica
Il Covid, come negli altri settori ha peggiorato la situazione: “Abbiamo contezza di personale iscritto al nostro sindacato – spiega il sindacato Sum – che da questa situazione determinata dall’emergenza sanitaria ha iniziato ad avere problemi di natura psicologica: li stiamo supportando”. I sindacati si sono quindi organizzati e hanno creato convenzioni con professionisti e associazioni esterne a supporto dei militari che chiedono aiuto.
Finire in infermeria e vedersi ritirare l’arma d’ordinanza restano gli spettri peggiori anche in termini di carriera se non di ricadute immediate. Su quest’ultimo aspetto Monica Giorgi, presidente del Nuovo Sindacato Carabinieri e militare dell’Arma in servizio a Livorno, ha parlato di quanto “la disciplina abbia ancora una forte connotazione virile nel mondo militare”.
“Stigmatizzare le differenze ed esaltare le caratteristiche della ‘mascolinità tossica’ – aggiunge Giorgi – impedirebbe a molti militari di avere un’adeguata consapevolezza circa la differenza che passa tra la disciplina militare, la vessazione o il mobbing. La pistola ritirata non viene vissuta solo come il venir meno di uno strumento operativo, ma di una componente dell’identità di quel militare a cui viene tolta. Senza pistola, per l’Amministrazione, non sei più funzionale”.