Neppure il coronavirus sembra arrestare la ricerca di sempre maggior denaro dei signori del casello. Con il rischio di una revoca delle concessioni autostradali finito in quarantena e un Paese alle prese con la peggiore crisi sanitaria ed economica della storia repubblicana, la priorità per il Gruppo Toto sembra infatti quella di aumentare i pedaggi. Contro lo stop ai rincari disposto a fine dicembre dal ministero delle Infrastrutture e trasporti e dal ministero dell’Economia e finanze, la società Strade dei Parchi ha presentato ricorso, chiedendo al Tribunale amministrativo di sospendere immediatamente quel provvedimento, per poi, una volta esaminata la vicenda nel merito, annullarlo. Un tentativo frenato ieri dal presidente della sezione prima del Tar del Lazio, Antonino Savo Amodio.
LA BATTAGLIA. Mentre il Governo era impegnato nella revisione delle concessioni autostradali, attività a cui ha poi posto ovviamente il freno l’esplosione dell’emergenza Covid-19, messo a punto il decreto Milleproroghe, il 31 dicembre scorso i ministri delle infrastrutture, Paola De Micheli, e dell’economia, Roberto Gualtieri, hanno stabilito che a partire dal 1° gennaio di quest’anno la società Strada dei Parchi non avrebbe dovuto aumentare i pedaggi. La spa della Toto Holding non ha mandato giù quella decisione, cercando da tempo di ottenere il via libera agli aumenti. Il provvedimento è stato così impugnato da Strada dei Parchi al Tar, chiedendo ai giudici di sospenderlo immediatamente, ancor prima di sentire le parti in aula. Una richiesta ora respinta dal presidente Savo Amodio. La società di Toto, la quarta in Italia per chilometri di autostrade in concessione, ben 281,4, che gestisce l’A24 Roma-L’Aquila-Teramo e l’A25 Teramo-Pescara, tra le più care del Paese, dovrà attendere l’udienza del 6 maggio. Soltanto allora, sentiti i legali della spa e l’avvocatura dello Stato, il Tribunale amministrativo deciderà se sospendere il provvedimento impugnato.
LE BACCHETTATE. Il Gruppo Toto ha avviato l’ennesimo contenzioso dopo che, sempre a dicembre, la stessa Corte dei Conti ha sollecitato l’esecutivo a cambiare rotta sulle concessioni autostradali, specificando che, fin dagli anni Novanta, le Autorità indipendenti lamentano “la mancata apertura al mercato delle concessioni e l’opacità nella loro gestione, non essendo state le convenzioni di affidamento, fino all’anno passato, rese pubbliche”. La situazione attuale, che si trascina da anni, secondo i magistrati contabili “ha accentuato le inefficienze riscontrate nel sistema, quali l’irrazionalità degli ambiti delle tratte, dei modelli tariffari”. Una piaga affrontata dal Governo solo dopo il dramma del crollo del Ponte Morandi a Genova.
Le Autorità indipendenti hanno inoltre segnalato varie carenze sulle tariffe, “sinora non regolate da un’autorità indipendente secondo criteri di orientamento al costo”, sull’accertamento periodico dell’allineamento delle tariffe ai costi e sui controlli degli investimenti. Il Ministero delle infrastrutture ha poi segnalato alla Corte dei Conti la “rilevante litigiosità” con le concessionarie,inaspritasi dal 2012. Al punto che a dicembre risultavano pendenti 401 contenziosi. Tutto mentre, secondo la Banca d’Italia, ogni chilometro di autostrada genera annualmente ricavi medi per oltre 1,1 milioni, di cui 300mila vanno allo Stato e 850mila alle concessionarie. Con ricavi più che raddoppiati negli anni.