Dopo Luigi Di Maio anche la Corte dei conti europea. Semmai qualcuno avesse dei dubbi sul reale impegno dei Paesi membri nella gestione comunitaria dell’accoglienza – che altro non può che avvenire se non con la redistribuzione dei migranti che approdano in Italia e negli altri Paesi del Mediterraneo, e con i rimpatri per chi arriva in maniera irregolare – ecco che arriva un documento ufficiale che attesta il fallimento delle politiche portate avanti finora, figlie del Trattato di Dublino che da più parti si chiede di cambiare senza che poi si abbia il coraggio di farlo.
Il documento dell’euro-Corte fornisce, infatti, numeri piuttosto eloquenti: meno del 40% dei migranti irregolari ai quali è stato intimato di lasciare il territorio dell’Unione europea ritorna effettivamente nel proprio Paese d’origine o in un Paese terzo. Non solo. “Dal 2008 – spiegano i magistrati contabili di Bruxelles – ogni anno mediamente mezzo milione di cittadini di paesi non-UE riceve un’ingiunzione a lasciare il territorio dell’UE perché vi è entrato o vi soggiorna in modo irregolare”. Solo il 38% di questi ritorna però nel Paese di origine o nel paese da cui ha intrapreso il viaggio verso l’Unione europea. Questa media scende a meno del 30% per i rimpatri verso Paesi extraeuropei.
TANTE PAROLE, POCHI FATTI. Proprio per questa ragione la Corte Ue ha avviato un audit “della cooperazione tra l’UE e Paesi terzi in materia di riammissione di migranti irregolari”. L’obiettivo è verificare se l’insieme di misure adottate dalla Commissione europea dopo il 2015 abbia migliorato la cooperazione con i Paesi di partenza oppure no. Il dubbio – fondato – è che il basso numero di rimpatri dipenda dalla mancanza di cooperazione stessa tra i vari Paesi coinvolti. Bisogna però tener presente che nel corso degli anni l’Unione europea ha concluso ben 18 accordi di riammissione giuridicamente vincolanti con Paesi terzi, che tuttavia a quanto pare sono rimasti lettera morta.
FONDI DIMENTICATI. Il problema non è solo (e innanzitutto) umanitario. Ma anche economico. Attualmente, infatti, “non vi è una chiara visione d’insieme dei fondi destinati dall’Ue alla cooperazione con Paesi terzi in materia di riammissione dei migranti”. Eppure sono circa 60 i progetti connessi alla riammissione e alla reintegrazione dei migranti irregolari, per un valore di 641 milioni di euro. Il dubbio dei magistrati è che, nonostante i lauti finanziamenti, a nulla di concreto si sia giunto. Il che significherebbe che oltre al danno si aggiungerebbe anche una clamorosa beffa, ben individuata dal titolare della Farnesina che ha richiamato nei giorni scorsi tutti all’ordine. Vedremo ora se da Bruxelles oltre alle promesse seguiranno anche i fatti.