Scontano una precarietà che raggiunge punte fino a 30 anni di anzianità con una media nazionale che oltrepassa i 10 anni di contratti atipici. Sono i ricercatori della sanità pubblica in Italia. Un esercito di 1.300 persone che ora dicono basta. E se la stabilizzazione non dovesse arrivare sono pronti a imboccare le vie legali e a presentare ricorso anche in sede europea per denunciare la violazione della direttiva Ue 70/1999 in merito alla reiterazione pluridecennale dei contratti a termine.
La stabilizzazione dei ricercatori della Sanità pubblica è un miraggio
Questa sarà una settimana determinante per il futuro di questi ricercatori. Lo rileva l’Associazione ricercatori in sanità – Italia (Arsi) in una lettera aperta ai direttori generali e scientifici degli Irccs (Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico) ed Izs (Istituti zooprofilattici sperimentali) presso cui questi 1.300 studiosi svolgono la loro attività di ricerca.
Per avere un’idea lo Spallanzani di Roma, l’Istituto nazionale dei Tumori di Milano, il Neurologico Besta di Milano, il Rizzoli di Bologna, sono tutti Irccs pubblici. Gli Irccs e Izs non dipendono dal Miur, ma direttamente dal ministero della Salute per le loro attività di ricerca e dalle Regioni per le loro attività di assistenza. Questa è una differenza sostanziale, perché quando si parla di ricerca ci si riferisce sempre e solo al mondo universitario, e i ricercatori della sanità pubblica finiscono spesso nel dimenticatoio. Si diceva che questa è una settimana cruciale.
In discussione alla commissione Affari sociali della Camera c’è la legge delega sul riordino degli Irccs. A marzo si sono succedute le audizioni di vari direttori degli Irccs e delle sigle sindacali. Arsi nell’intervento del suo rappresentante – è scritto nella lettera – ha sottolineato l’importanza di emendare l’attuale testo della riforma per evitare di perdere l’ennesima occasione di trovare una soluzione alla precarietà del personale della ricerca di Irccs e Izs. Ebbene numerosi emendamenti alla legge di riordino degli Irccs in tal senso sono stati presentati da più forze politiche.
Ma la paura che non passino è alta. Già lo scorso anno tali ricercatori hanno perso il treno della legge di Bilancio. Diversi emendamenti erano stati presentati alla Manovra e al Milleproroghe per la loro stabilizzazione ma non sono passati mentre è stata prevista la stabilizzazione dei sanitari (medici ed infermieri) reclutati per l’emergenza Covid che avessero almeno 18 mesi di anzianità precaria. Sia ben inteso, personale di cui il Paese aveva ed ha bisogno. Ma la domanda è perché il personale della ricerca sanitaria non ha invece ‘meritato’ la stabilizzazione? Considerando che è anche grazie a loro che il Paese sta uscendo dalla pandemia dopo due anni terribili? Dopo anni di precariato storico (cococo, borse di studio, partite iva) per questi ricercatori fu istituito nel 2019 un contratto a tempo determinato di 5+5 anni noto con il nome di Piramide della Ricerca che, di fatto, denuncia l’Arsi, ha perpetuato il precariato.
Per questo ora Arsi chiede ai direttori generali e scientifici di Irccs e Izs una presa di posizione pubblica a favore degli emendamenti che puntano alla stabilizzazione dei ricercatori precari. A muoversi dovrebbe anche essere, ovviamente, il ministero della Salute. Finora l’Arsi è stato ricevuto solo da funzionari del dicastero e non dal ministro Roberto Speranza né dal sottosegretario Pierpaolo Sileri che ha la delega alla ricerca. E resistenze alla stabilizzazione dei ricercatori della sanità pubblica arriverebbero anche dal Mef per una questione di fondi. Ma l’Arsi fa notare che le risorse sarebbero già disponibili dalla legge di Bilancio 205/2017: bisognerebbe destinarle alla stabilizzazione invece che sulla reiterazione di contratti a termine di personale storico.