Stefano Fassina, deputato di Leu, come valuta la tarantella tra Letta, Calenda, Fratoianni e Bonelli?
“Mi sembra tutto una follia. Vedo atteggiamenti scomposti, a partire da quelli di Carlo Calenda. Ma a mio avviso è folle la rottura del Pd col M5S, perché, nonostante le valutazioni che sono state fatte nel passaggio sull’ultima fiducia al Senato, si sarebbe dovuto ugualmente provare a costruire un’alleanza elettorale con i Cinque Stelle. Le condizioni di fondo maturate in anni di governo, soprattutto in alcune Regioni, dovevano far premio rispetto al passaggio al Senato. La questione è che il Pd non avrebbe dovuto assumere quel passaggio sul governo Draghi come elemento discriminante. E altrettante responsabilità, lo dico con uguale franchezza, mi pare le abbia il M5S che ha privilegiato la strada del ‘soli contro tutti’. E quanto è successo ha determinato conseguenze drammatiche. Quello che vediamo in queste ore è un ulteriore avvitamento incomprensibile per il popolo democratico e progressista preoccupato dalla prospettiva della vittoria della destra”.
Ci indica alcune di queste conseguenze?
“La scelta del Pd di assumere come vessillo il governo Draghi ha determinato l’avvicinamento di Calenda e dei centristi con un’ulteriore complicazione rispetto al rapporto col lato sinistro di quella che doveva essere una coalizione elettorale progressista e democratica. Se si fosse assunto fino in fondo invece il connotato di questa pessima legge elettorale e cioè che si possono fare alleanze elettorali, lasciando a ciascuno di concentrarsi sui propri punti programmatici qualificanti per farli valere nella quota proporzionale, forse avremmo potuto avere oggi un quadro meno irresponsabile, meno folle”.
Come dovrebbero secondo lei muoversi Sinistra Italiana e Verdi?
“Non mi voglio pronunciare nel dibattito interno di quella comunità di cui ho fatto parte. È una fase difficile e non mi metto a dare lezioni da fuori. In questi tre anni ho lavorato affinché l’alleanza progressista, ovvero Pd, 5S e sinistra, fosse unita. Era, ed è, questa l’unica condizione per dare una potenziale prospettiva riformatrice per il lavoro e per l’ambiente. Il dato politico di fondo angosciante di oggi è il venir meno di questa alleanza e di questa prospettiva. La ragione per cui non mi sono candidato è perché voglio, dal 26 settembre, lavorare alla ricomposizione di questo fronte, alla cura di questa frattura scomposta. In prospettiva ci sono le regionali. Sento voci che si levano che compromettono l’alleanza progressista anche nelle Regioni. Ma questo significherebbe perdere ovunque”.
Il patto Letta-Calenda è sbilanciato al centro?
“Mi pare evidente, lo dicono i dati elettorali. Se si guarda alle amministrative a Roma, che sono anche una spia politica, l’alleanza Pd- Calenda è forte nel centro storico e lascia fuori fasce di popolo che, pure se in misura meno rilevante rispetto al passato, si rivolgono al M5S. Ecco perché fondamentale è l’alleanza col Movimento”.
Anche con Fratoianni e Bonelli l’alleanza di Letta con Calenda sarebbe scoperta a sinistra?
“È evidente che rimarrebbe debole sul piano elettorale e incompiuta sul piano sociale perché manca il M5S”.
Vede più compatta la coalizione del centrodestra?
“La coalizione di centrodestra si compatta per comprensibili ragioni di potere, considerando anche che è data vincente da tutti. Anche se nasconde divergenze profonde e significative tra i partiti per esempio sulla politica internazionale”.
Letta ha detto che Matteo Salvini e Silvio Berlusconi si sono arresi a Giorgia Meloni.
“Salvini e Berlusconi prendono atto dei rapporti di forza in modo pragmatico. Fanno buon viso a cattivo gioco. Ma non credo ci sarà una navigazione tranquilla, qualora vincessero, sia per la definizione della squadra di governo sia per le scelte politiche di fondo. Ma ci troviamo sempre a parlare degli altri quando dovremmo parlare di noi. Lo spazio che hanno gli altri dipende anche da noi, da quello che avremmo dovuto fare e non abbiamo fatto. Ma per quel che posso, in queste ore, continuo a insistere perché si fermino tutti e perché prevalga un minimo senso di responsabilità. Il 26 ci potranno essere pure risultati elettorali buoni per qualcuno ma il naufragio del Titanic del popolo democratico e progressista renderà tutti colpevoli”.
Matteo Renzi: sembra che nessuno lo voglia.
“In realtà non sembrano esserci differenze tra Calenda e Renzi se si considera un patto che mette al centro l’agenda Draghi. Quel patto avrebbe potuto firmarlo pure Renzi”.
Lei è un economista. È stato da poco approvato il nuovo decreto Aiuti. I sindacati parlano di elemosina a lavoratori e pensionati. Come lo giudica?
“Insufficiente. Si sarebbe potuto e dovuto fare un intervento più consistente se si fosse fatto un intervento serio sugli extraprofitti. Trovo gravissimo che la norma messa a punto dal governo Draghi sui 10 miliardi di gettito previsti sugli extra-profitti ne abbia raccolto soltanto uno. Considerando che gli extraprofitti erano 40 miliardi fino al 31 marzo e continuano ad aumentare non solo nel settore energetico ma anche in altri comparti. Il Governo avrebbe dovuto attingere da questo serbatoio ingiustificato di arricchimento da parte di azionisti che certamente non hanno problemi ad arrivare alla fine del mese per mettere a terra un intervento pari al doppio e al triplo di quello fatto. Sono milioni le famiglie, le piccole aziende, i pensionati e i lavoratori allo stremo. Così come si sarebbe dovuto mettere un tetto nazionale al prezzo del gas. In Spagna e Portogallo c’è. Il Governo Draghi invece ha cercato una soluzione in Europa che non è arrivata e probabilmente non arriverà”.
Da dove ripartirà una volta fuori dal Parlamento?
“Dal 2 al 4 settembre ci sarà la scuola di formazione politica dell’associazione che ho fondato, ‘Patria e Costituzione’. Vi parteciperanno i protagonisti di quello che avrebbe dovuto essere il campo progressista. Sarà l’occasione per un confronto e per un tentativo di ricostruzione di quel campo. Tentativo che sarà al centro del mio impegno in queste settimane di campagna elettorale e di presentazione del mio libro ‘Il mestiere della sinistra’. L’obiettivo è mettere in campo proposte su cui rifondare il legame tra tutte le forze progressiste e democratiche che viaggiano oggi su corsie diverse”.