Gigi Ariemma appartiene a una razza di conduttori che c’è da augurarsi non finisca mai vada mai: quella di chi ha maturato l’esperienza sul campo giorno dopo giorno, partendo dalle radio locali per diventare nel tempo una delle voci più note dell’etere nazionale. Sempre con estremo garbo e grande competenza musicale, da anni accompagna le giornate degli italiani che hanno voglia di ascoltare canzoni selezionate con minuziosa cura e commentate in modo mai lezioso o banale.
Prima di approdare a Capital hai trasmesso a Radio Dimensione Suono e Radio Deejay: che ricordi hai di quegli anni e di quelle emittenti?
“Ho sicuramente degli splendidi ricordi. A Radio Dimensione Suono sono arrivato nel 1986 dopo una lunga esperienza nelle locali e un contratto con RAI StereoUno ed è stata la radio, insieme a Capital, nella quale ho passato più anni. A Deejay sono stato tre anni, dal 1995 al 1998. Nella prima posso dire di avere affinato la tecnica e una certa esperienza nel realizzare interviste agli ospiti internazionali viaggiando ovunque nel mondo per incontrarli. A Deejay, invece, mi sono messo alla prova con uno stile radiofonico del tutto nuovo per me, non giocato sul classico formato “di flusso” ma sulla personalità del conduttore, con maggiore libertà musicale. Entrambe le esperienze sono state estremamente formative: rifarei tutto di nuovo!”.
Cosa si aspetta l’ascoltatore tipo di Radio Capital? È più legato all’aspetto parlato o a quello musicale?
“L’ascoltatore tipo di Capital è un conoscitore di musica e giudica in maniera molto attenta sia la programmazione musicale che i contenuti parlati. La quantità di parlato è stata sempre una mia ossessione: per quanto “simpatici” e interessanti si possa essere, la parola tende sempre a interrompere o rallentare il flusso musicale che, se mantenuto a livelli qualitativi buoni, secondo me, dovrebbe comunque essere sempre rispettato. Ovvio che questo riguarda i programmi strettamente musicali e con riferimenti alla musica che viene proposta; per quanto riguarda i programmi di approfondimento delle notizie del giorno è ovvio che il discorso cambia”.
Come vedi l’interazione con il pubblico tramite messaggi?
“Appartenendo alla generazione di chi ha iniziato a fare la radio praticamente senza interazione con gli ascoltatori, poi con i messaggi che venivano inviati tramite fax, a seguire con gli sms e infine con WhatsApp, che oltre ai messaggi scritti prevede anche degli audio, posso dire di averle viste e sentite proprio tutte! Credo che l’interazione col pubblico sia importante (ad esempio: se diciamo un’inesattezza veniamo corretti nel giro di pochi secondi) anche se forse non dovrebbe essere centrale rispetto al programma. Ricordiamoci che chi manda messaggi non lo fa sempre e, soprattutto, non costituisce la maggioranza degli ascoltatori che resta invece silenziosa. Un giusto equilibrio nella lettura dei messaggi o nei passaggi degli audio sarebbe sempre auspicabile”.
Vista la progressiva diminuzione delle radio locali, da dove verranno “pescati” i talenti di domani e come vedi l’interesse dei giovani verso il mezzo radiofonico?
In realtà di radio locali o regionali ne esistono ancora molte e molte di queste, oltre a fare un discorso musicale più ricercato e propositivo, fanno anche un ottimo lavoro di informazione sul territorio di appartenenza. Ci sono poi un’infinità di web radio che rappresentano una buona palestra per chi volesse intraprendere la carriera del conduttore radiofonico. Da una recente indagine è emerso che l’ascoltatore tipo della radio in Italia ha un’età media di 47 anni e questo la dice lunga di come le nuove generazioni preferiscano fruire della musica sui principali aggregatori online o ascoltare magari dei podcast, ma sono sicuramente dei mezzi più “freddi” della radio. Il fascino della diretta, coi suoi inevitabili errori, è irrinunciabile”.
La radio come può vincere attraverso la musica la concorrenza di Spotify e delle playlist che ciascuno può creare e ascoltare a prescindere dalla radio “tradizionale”?
“La radio resta qualcosa di sostanzialmente diverso dalle varie Spotify e Apple Music. Gli ascoltatori di Capital, ad esempio, hanno già la maggior parte della musica che proponiamo nella loro collezione personale. Il fascino, però, di ascoltare quelle canzoni alla radio, che sicuramente subiscono di più le generazioni adulte, è comunque imbattibile. Senza dire che c’è per l’appunto la possibilità da parte del pubblico di interagire, e spesso di completare, quello che diciamo in onda. Insomma, l’attenzione del pubblico di Capital è sempre molto alta e guai a interrompere un assolo di chitarra di David Gilmour o di Jimi Hendrix prima che sia arrivato a conclusione: pena il “crucifige” tramite WhatsApp!”.