C’è una data cerchiata di rosso nel calendario di Marcello De Vito. È il 20 settembre quando scadrà la misura cautelare inflitta all’ex grillino nonché presidente dell’Assemblea Capitolina, sospeso a seguito della deflagrazione dello spin off dell’inchiesta sullo Stadio della Roma in cui è coinvolto, permettendogli di tornare ufficialmente abile e arruolato. Una convinzione granitica per la quale il politico, indagato per corruzione, aveva addirittura deciso di rinunciare all’udienza davanti al tribunale del Riesame che, in caso di parere favorevole, avrebbe potuto anticipare tutto di una settimana.
Eppure le cose potrebbero non andare esattamente così. Già perché è chiaro che dalle parti di piazzale Clodio la partita sia ancora aperta e i magistrati potrebbero cercare di arrivare a dama letteralmente al fotofinish, magari effettuando una richiesta di giudizio immediato prima dello scadere dei termini. Una mossa ardita che i pubblici ministeri potrebbero decidere di fare in quanto non hanno mai smesso di credere in quelle che ritengono essere solide prove a supporto delle loro tesi investigative anche quando queste sono state parzialmente smontate dalla Corte di Cassazione.
L’INCHIESTA. L’inchiesta che sta levando il sonno a De Vito è quella che, assieme all’amico e avvocato Camillo Mezzacapo, lo vedrebbe al centro di un complesso e ramificato sistema corruttivo che avrebbe invaso i gangli vitali della città eterna. Stando alle indagini dei magistrati di piazzale Clodio, i due indagati avrebbero sostanzialmente preso soldi da alcuni costruttori, tra cui Luca Parnasi, per agevolare alcuni progetti imprenditoriali. Tra questi, come emerso dagli atti dell’inchiesta, non c’era il solo Stadio della Roma ma anche l’edificazione di un albergo vicino all’ex stazione ferroviaria di Trastevere e la riqualificazione dell’area degli ex Mercati generali sull’Ostiense. Un corposo procedimento per il quale il 20 marzo scorso, in una mattinata a dir poco cruciale nella vita della Capitale, i due venivano arrestati. Ma per De Vito le disgrazie non erano finite perché veniva subito messo alla porta dal Movimento 5 Stelle.
LA COMETA DI HALEY. Come spesso accade in simili vicende, a tradire gli indagati erano state diverse intercettazioni finite agli atti dell’inchiesta tra cui quella del 4 febbraio 2019 tra Mezzacapo e De Vito. Il primo a parlare è il legale: “Tieni presente questa cosa, la congiunzione astrale che si è verificata adesso non credo si riverificherà mai più”. Si tratta, per l’accusa, di un chiaro riferimento al fatto che M5s aveva conquistato sia il Campidoglio che il Governo nazionale e che la cosa andava sfruttata per far affari. De Vito, secondo i pm, sembrava interessato e così l’amico, abbandonando ogni precauzione, lo esortava ad agire: “eh… questa congiunzione astrale è tipo l’allineamento con la cometa di Halley, hai capito? allora noi, Marcè, dobbiamo sfruttarla sta cosa!”.