Un vero e proprio atto di accusa contro il sistema che ha governato l’edilizia privata a Milano, che punta il dito contro costruttori e tecnici di Palazzo Marino. È quello contenuto nelle 59 pagine dell’atto di sequestro del cantiere “Giardino Segreto Isola” di via Lepontina 7-9, zona Isola, firmato dal gip Mattia Fiorentini su richiesta dei pm Marina Petruzzella e Tiziana Siciliano.
Con le ipotesi di abusi edilizi, lottizzazione abusiva e abuso d’ufficio sono indagati a vario titolo in nove, tra dirigenti e funzionari dello Sportello Unico edilizia, l’ex presidente della Commissione per il Paesaggio di Milano, progettisti e titolari della società coinvolte nel cantiere (Campaezzano srl, Milano 05 srl e Lepontina 7-9 srl). Le accuse vanno dall’aver sottostimato gli oneri di urbanizzazione all’illecito aumento di cubature e superfici realizzabili, senza predisporre un piano su servizi d’interesse generale per Milano come parcheggi, verde, scuole.
Da un palazzetto a 2 piani a una torre di 7
La vicenda è la stessa di tutte le altre inchieste (almeno una dozzina) aperte dalla procura sui cantieri: in questo caso, grazie a una semplice Scia, i costruttori miravano ad abbattere un edificio di 11,95 metri da due piani di uffici-laboratori, dentro a un cortile, e ricostruire una torre di 7 piani, alta 25,9 metri con 61 appartamenti. Per costruttori e Comune si trattava di una semplice “ristrutturazione edilizia”. Per il gip di un abuso edilizio realizzato senza “adeguata valutazione” in termini di “opere pubbliche in genere, uffici pubblici, parchi, strade, fognature, elettrificazione, servizio idrico, condutture di erogazione del gas”, da tarare sul “numero” di nuovi “abitanti” e le loro “attività”.
Nell’urbanistica “violato l’ABC dei principi costituzionali di legalità”
Un atto pesantissimo, che mette sotto accusa l’intero “sistema” dell’urbanistica meneghina, quella che ha trainato l’economia del mattone a colpi di “titoli edilizi ‘semplificati e in deroga’ ai principi fondamentali”, autorizzando progetti scellerati che “omettono l’aspetto della pianificazione di dettaglio, di competenza del consiglio o della giunta comunale”. Tanto che per gli inquirenti “risulta confermato che () da parte dei dirigenti e funzionari dello Sportello unico dell’edilizia coinvolti sia stato violato l’ABC dei principi costituzionali di legalità”.
Una confusione creata ad arte
E, aggiungono gli inquirenti, “tali condotte poste in essere dai funzionari, dai progettisti e operatori indagati, non sono state cagionate da problemi di confusione del quadro normativo e o di contraddittorietà tra normativa urbanistica statale e regionale o da oscillazioni giurisprudenziali, come ripetono le determine sospensive del mese di marzo del 2024 – annota il Gip -. Ma sono frutto della deliberata torsione di basilari principi delle leggi del settore, sostenuta da un apparato di abnormi direttive, determine e circolari dirigenziali dello stesso ufficio del Comune volte a conferirvi un paravento di legalità, utile esso stesso a invocare la confusione del quadro”.
Il macro conflitto di interessi della Commissione Paesaggio
In particolare, i pm puntano il dito sul macroscopico conflitto di interessi dei membri della Commissione del Paesaggio del Comune, “un organismo che non garantisce indipendenza e trasparenza”, perché composta da “professionisti architetti, nominati personalmente dal sindaco, che esercitano la libera professione a Milano” e “per cui ricevono parcelle” da quegli stessi “operatori” privati i cui progetti vengono sottoposti alla valutazione della Commissione”.
Dati alla commissione poteri che non aveva
Per i pm a Milano si è creato un “sistema” basato sulla “lettura elastica del Regolamento Edilizio, fondata su determine dirigenziali” che ha attribuito alla “Commissione comunale per il paesaggio – un organo consultivo – poteri in realtà decisori discrezionali sulla fattibilità del progetto edilizio”. Nei suoi pareri – comunque non vincolanti – la Commissione per il paesaggio esula “del tutto dal campo suo proprio della compatibilità paesaggistica” per “sconfinare in quello edilizio e soprattutto urbanistico”. “In ultima analisi”, concludono i pm, sarebbero stati “consegnati” a un “organismo valutativo” del Comune i “poteri discrezionali” sulla formazione di “titoli non edilizi”, anche quando “non ammissibili e in contrasto col sistema previsto e disciplinato dalla legge dello stato e della Regione Lombardia”.
Tanto che tra i nove indagati c’è l’ex presidente della Commissione, M.S.P., accusato di aver “intenzionalmente” procurato un “ingiusto vantaggio economico di rilevante gravità” ai privati, omettendo di “rilevare che il progetto” immobiliare avrebbe violato la norma “secondo cui all’interno dei cortili le altezze delle nuove costruzioni non possono essere superiori a quelle degli edifici preesistenti”.
“Il risultato finale, tra gli altri, – concludono – è quello della violazione degli standard urbanistici di legge”.