Banditi dal lontano 1988, quando l’allora presidente americano Ronald Reagan e il leader dell’Unione Sovietica Michail Gorbačëv firmarono il trattato INF, poi decaduto nel 2019, in Europa si apprestano a tornare i micidiali missili a lungo raggio. Un sistema d’arma che aveva contraddistinto la Guerra Fredda, assicurando la mutua distruzione in caso che uno dei due blocchi contrapposti avesse sferrato un qualsivoglia attacco, e che l’Europa sperava di aver relegato alle pagine più buie della storia, ma che, dopo la folle invasione dell’Ucraina ordinata da Vladimir Putin, gli Stati Uniti di Joe Biden hanno deciso di rispolverare, annunciando che “per il momento” verranno dispiegati “in Germania” entro il 2026. Poi si vedrà se installarli anche in altri Paesi del Patto Atlantico, come strumento di deterrenza contro la Russia.
Una mossa che serve a blindare il fronte est della NATO, soprattutto in vista di una sempre più probabile rielezione di Donald Trump, che così, malgrado l’intenzione di disimpegnarsi in Europa, si troverebbe di fatto costretto a proteggere per anni, e che alza ulteriormente la tensione nel vecchio continente. Un ombrello missilistico sull’Europa composto dai missili SM-6, dai Tomahawk e da armi ipersoniche ancora in via di sviluppo – e su cui Washington sembra essere in ritardo rispetto a Mosca che già li impiega sui teatri di battaglia – difficilmente resterà circoscritto a Berlino e dintorni.
A sostenerlo è Repubblica, in un articolo in cui si fa presente che l’amministrazione Biden e il comando generale della NATO stanno già discutendo di possibili installazioni anche in Italia. Come si legge sul quotidiano, a quanto è dato sapere “Washington non ha fatto richieste a Roma e quindi non c’è un negoziato in corso, ma due autorevoli fonti notano che in futuro potrebbe avere senso aprire questo ombrello anche in Italia”.
Tornano i missili a lungo raggio in Europa. Gli Usa li installeranno in Germania ma si valuta di posizionarli anche in Italia
Sempre secondo fonti americane, che hanno chiesto di restare anonime, le ragioni dietro questo possibile dispiegamento di missili a lunga gittata sulla penisola sono sostanzialmente due: una prettamente geografica, consentendo di coprire una maggiore porzione di territorio; un’altra puramente strategica, ossia per evitare di concentrare tutte le forze in un solo Paese, rendendo più difficile annullarle in un colpo solo. Certo, per ora si parla di indiscrezioni puramente giornalistiche, ma appare chiaro che davanti a uno scenario internazionale in costante evoluzione, con il probabile ritorno al bipolarismo, se non addirittura a un inedito multipolarismo, il blocco occidentale intende blindarsi.
E qualora dovesse arrivare una richiesta ufficiale per dispiegare i missili in Italia, per Giorgia Meloni sarà pressoché impossibile dire “no, grazie” visto che la premier, al vertice della NATO di questa settimana, ha chiesto – e ottenuto – la creazione di un inviato speciale incaricato di coordinare le iniziative per la protezione del fianco sud dell’Europa. Una richiesta che rischia di trasformarsi in un boomerang perché i missili a lunga gittata servirebbero anche – e soprattutto – a ‘difendere’ l’area del Mediterraneo, dove la Russia e la Cina stanno aumentando i loro appetiti. Quel che è certo è che davanti all’annuncio del ritorno dei missili USA in Germania, il Cremlino non è rimasto a guardare.
Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha spiegato che il piano degli Stati Uniti di installare missili a lungo raggio in Germania aumenterà le tensioni: “Stiamo compiendo passi costanti verso la Guerra Fredda. Tutte le caratteristiche di quel conflitto, con il rischio di un confronto diretto, stanno tornando”, e ciò sta dando alla Russia “un motivo per unirsi al fine di realizzare tutti gli obiettivi” della sua campagna militare in Ucraina.
Maggioranza divisa sulle armi e sui missili a Kiev
Davanti a frasi tanto preoccupanti, la premier Meloni predica calma e per il momento continua a respingere la richiesta di Volodymyr Zelensky per eliminare il divieto all’uso delle armi occidentali per colpire in Russia. “Noi in Ucraina ci siamo concentrati sui sistemi di difesa aerea, che è il modo migliore per difendere una nazione aggredita. Lo dico anche a chi va da varie parti e dice che se si continuano a inviare armi all’Ucraina si alimenta la guerra. Dipende anche da che cosa si invia, perché se noi non avessimo mandato i sistemi di difesa antiaerea, i missili sarebbero partiti ugualmente, colpendo molta più gente, come abbiamo visto qualche giorno fa all’ospedale di Kiev”.
Peccato che la premier ometta di dire che tra le armi che l’Italia invia all’Ucraina, oltre ai sistemi anti-aerei Samp-T, ci sarebbero anche i missili Storm Shadow – con gittata di circa 300 km – come raccontato, senza alcuna smentita, dall’ex ministro della Difesa britannico, Grant Shapps. Sistemi d’arma che la Lega di Matteo Salvini, dimostrando le frizioni esistenti all’interno della maggioranza, continua a dire di voler bloccare in quanto “un missile non è un’arma difensiva”.