Dalla Redazione
Secondo la stampa indiana i due marò, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, cercarono di coprire il loro operato spingendo il capitano della loro petroliera Enrica Lexie a inviare un rapporto per le organizzazioni internazionali di sicurezza marittima in cui si sosteneva che i pescatori erano armati e che questo fu alla base della decisione di sparare. La fonte del quotidiano indiano sarebbe al ministero dell’Interno di New Delhi: “Dopo l’incidente del 15 febbraio del 2012, il capitano della Enrica Lexie – racconta – scrisse una e-mail sostenendo che i sei pescatori a bordo del StAntony erano armati. Ma gli inquirenti invece trovarono tutti e 11 i pescatori disarmati: non c’era alcuna arma a bordo”. Secondo l’Hindustan Times, l’e-mail fu mandata a un’organizzazione per la sicurezza marittima perché fosse trasmessa all’Organizzazione Marittima Internazionale, l’agenzia Onu che si occupa di sicurezza sui mari. «Ma quando la Nia, l’agenzia nazionale indiana per la sicurezza, durante la sua inchiesta, ha interrogato il capitano dell’Enrica Lexie», Umberto Vitelli, egli «ha negato di esser stato testimone dell’incidente e ha spiegato di aver mandato l’e-mail perché pressato dai marò accusati». «Il piano – ha raccontato ancora la fonte anonima – era di far passare i pescatori indiani come pirati». Intanto la Corte Suprema indiana ha chiesto al governo di New Delhi un parere sulla richiesta presentata dalla difesa di Massimiliano Latorre perché faccia ritorno in Italia e ha aggiornato l’udienza a venerdì prossimo. Latorre, che il 31 agosto ha subito un’ischemia cerebrale ed è stato ricoverato per una settimana in ospedale, ha chiesto di poter rientrare in Italia per due mesi per stare con la sua famiglia e superare lo stress.