di Antonio Rossi
Volevano inforcare tutti, ma sono finiti a inforcarsi tra loro. Divisi e infiltrati fin dall’inizio. I Forconi ieri a Roma hanno fatto flop. Dovevano essere quindicimila, ma si sono ritrovati a manifestare in appena mille secondo le stime della Polizia, tremila secondo gli organizzatori della protesta, quattro gatti in sostanza. Un po’ pochi per chi ha detto di voler mandare a casa tutti i politici, passando dalla denuncia dei problemi di autotrasportatori e agricoltori a quella dell’intero sistema, senza però poi fornire una seria alternativa.
Solo tanto rumore
Il movimento è nato in Sicilia nel gennaio scorso. Si era presentato come espressione del malessere di agricoltori e autotrasportatori. Qualche blocco stradale, un anno di silenzi e poi i Forconi sono diventati altro. Hanno imbarcato nel movimento tutti, dagli studenti ai disoccupati, dagli immigrati agli ultras, ma soprattutto nelle loro fila si è rafforzata la presenza di mafiosi ed estremisti, di sinistra e soprattutto di destra. Fermare le merci in vista del Natale. Decidere quali alimenti far arrivare a destinazione e quali al macero non può che suscitare gli appetiti dei clan. Una vetrina nazionale per piccoli gruppi estremi è un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Ecco così che i Forconi sono diventati tutto e il conttrario di tutto. Hanno sostenuto di voler mandare a casa il Governo, ottenere l’abolizione delle tasse e l’uscita dall’euro. Senza alcuna chiarezza sul futuro. Fino a dividersi tra moderati e oltranzisti. Siciliani e veneti da un lato e gli altri dall’altro. La temuta marcia su Roma è così stata un flop.
Crollati nell’Urbe
Quella di ieri a Roma è stata più o meno una delle tante manifestazioni di protesta che si tengono quasi quotidianamente nella capitale. A precedere la manifestazione qualche tensione alla stazione di Pisa, dove alcuni manifestanti hanno occupato un binario, qualche blocco della statale nei pressi di Lecce, e ad accompagnarla la protesta di cento commercianti di Barletta, in Puglia, che hanno consegnato in Prefettura le chiavi delle loro attività, per lanciare un segnale a un Governo accusato di ignorarli. Nulla di sconvolgente. Tutto si è risolto con il solito slogan del “Tutti a casa”, lanciato dai presenti in piazza del Popolo, a Roma, all’indirizzo dell’intera classe politica, applausi al pontino Danilo Calvani, agricoltore che si è fatto leader del coordinamento nazionale 9 dicembre. Qualche critica velenosa all’indirizzo del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, del presidente del Consiglio, Enrico Letta, e un’ovasione nei confronti di Papa Francesco, con un coro da stadio “Uno di noi”. Presenti poi i militanti di Casapound, il gruppo di estrema destra insinuatosi nella battaglia dei Forconi, con uno striscione con scritto “Alcuni italiani non si arrendono”. Tanto rumore per nulla.
Pagano sempre i cittadini
Quel che resta del movimento sono i danni all’economia per le merci bloccate sulle strade, danno ancora tutto da calcolare, e quello per quei duemila poliziotti schierati ieri per far fronte a un esercito di manifestanti di cui non c’era neppure l’ombra. Tutto pilotato? Può darsi. Certo è che non saranno i Forconi a inforcare un sistema che non va.