di Stefano Sansonetti
Ci mancava soltanto questa. A Roma non c’è solo una giunta grillina che dopo mille difficoltà soltanto oggi ha individuato un assessore al bilancio e ancora non ha sciolto il nodo del capo di gabinetto. Adesso spunta pure il commissario governativo alla gestione del debito pregresso, Silvia Scozzese, che ha deciso di affidare una consulenza da tre milioni di euro per ricalcolare lo stesso passivo pregresso e per farsi scrivere un nuovo piano di rientro. A scaldare i motori, in tal senso, ci sono già Deloitte ed Ernst & Young, che stanno facendo arrivare al Commissario tutta una serie di richieste di chiarimento. Ma a questo punto si pongono domande come minimo allarmanti: la gestione commissariale, in funzione dal 2008, non aveva già la dimensione di queste cifre? E perché adesso il commissario sente l’esigenza di riportare le lancette al punto di partenza spendendo la bellezza di 3 milioni?
IL PUNTO – Sta di fatto che lo scorso 2 agosto la Scozzese ha firmato un bando per cercare una società a cui affidare “servizi di assistenza alla gestione commissariale attraverso un supporto tecnico-organizzativo”. I misteri del burocratese vengono sciolti dal capitolato speciale, in cui si elencano le attività che il vincitore del bando dovrà svolgere: “assesment (perizia, ndr) iniziale sullo stato del debito; definizione del Piano strategico per il rientro dal debito pregresso; declinazione in piani operativi di intervento; individuazione di aree prioritarie di intervento”. Insomma, sembra quasi che la società di consulenza sia destinata a fare e riscrivere tutto. Al punto che vien da chiedersi cosa ci stia a fare un Commissario nominato nel 2015 dal Governo di Matteo Renzi. Anche perché nelle premesse della gara viene ricordato che già sono agli atti due piani di rientro, il primo del 2008 e il secondo del 2010, che hanno stimato i debiti capitolini fino al 28 aprile del 2008. E si ricorda che il documento di accertamento definitivo del 2010 ha individuato un disavanzo complessivo di 22,4 miliardi di euro, che al netto della massa attiva diventava di 16,7 miliardi (adesso saremmo intorno ai 13 miliardi). Questa, in sostanza, è la situazione lasciata in eredità da Walter Veltroni al momento della staffetta con Gianni Alemanno. A queste cifre, dicono la storia della gestione commissariale e tutte le tracce lasciate nelle audizioni parlamentari, si arrivò sulla base di un’ispezione del ministero del Tesoro. E il successivo piano di rientro è stato approvato per legge. Per quale motivo, allora, adesso bisogna affidarsi alla solita società esterna di consulenza per riscrivere cifre già acquisite?
LA BEFFA – Se questa è la strada che ora va percorsa se ne dovrebbe dedurre che nel corso degli anni Tesoro, Ragioneria, uffici della gestione commissariale (con i due precedenti commissari Domenico Oriani e Massimo Varazzani) e Cassa Depositi e Prestiti (che ha erogato i mutui) hanno scherzato. L’attuale Commissario, Silvia Scozzese, fornisce nel bando da lei firmato una versione diversa: “Entrambi i piani di rientro e il documento di accertamento definitivo del debito non sembrano contenere una ricognizione analitica e una rappresentazione esaustiva della situazione debitoria antecedente al 2008”. In più, ma la Scozzese lo aveva già detto, “per il 43% delle posizioni presenti nel sistema informatico del Comune di Roma per la gestione del Piano non è individuato direttamente il soggetto creditore”. Anche qui, però, qualcosa non torna. Da tutte le spiegazioni fornite negli anni dalle precedenti gestioni commissariali emerge che anche quando i nomi dei creditori non compiaono nel Sap (il sistema informatico) ci sono gli allegati cartacei da cui invece è possibile ricavare ogni nome. E questo anche per il delicato capitolo degli espropri pregressi. Basta chiedere al Comune i fascicoli. Adesso scopriamo, invece, che a Roma devono partire da capo. Il tutto con la Capitale sull’orlo del crac.
Twitter: @SSansonetti