Mentre la maggioranza esulta per la performance della premier Giorgia Meloni al cospetto del sultano Donald Trump e ne celebra i successi (solo mediatici), l’economia italiana, quella reale, arranca. Azzoppata dalla prospettiva dei dazi imposti dal nostro Grande Amico d’oltreoceano. Come dimostrano i dati sull’export diffusi ieri dall’Istat.
L’Istituto di statistica stima per il mese di febbraio una crescita congiunturale dell’export più ampia per le esportazioni (+3,5%) rispetto alle importazioni (+1,7%), con un aumento su base mensile delle esportazioni sia per le aree Ue (+3,7%) che extra-Ue (+3,2%). In generale Istat certifica che a febbraio l’export è cresciuto su base annua dello 0,8% in termini monetari, mentre si è ridotto del 4,3% in volume.
Il lato nero dei dati di febbraio
Numeri che però non devono trarre in inganno: la crescita tendenziale è infatti trainata dall’incremento del 3% delle esportazioni verso i mercati Ue (Germania +14,5%, Spagna +21,1%, Svizzera +17,3%, Regno Unito +10,4%, paesi Opec +12,9% e Paesi Bassi +13,3%), mentre è affossata da quelle verso i Paesi extra Ue, scesa del 1,6%. E a calare drasticamente sono state naturalmente le esportazioni verso gli Stati Uniti, che hanno segnato un brutale -9% (seguiti da Belgio -11,8%, Turchia -9,9% e Austria -9%).
E, se nei primi due mesi del 2025, l’export italiano è stato sostenuto dalle maggiori vendite di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+32,3%), ha registrato un crollo del 13,7 per cento delle esportazioni di autoveicoli, uno dei settori potenzialmente più sensibile ai dazi a stelle e strisce.
L’allarme di Confindustria: “Crescita a rischio”
Numeri che hanno fatto scattare l’allarme di Confindustria, che parla apertamente di “crisi strutturale” qualora le barriere doganali di Donald Trump dovessero entrare in vigore, e che potrebbero portare a una minore crescita del Pil nazionale nel 2025-2026 vicino allo 0,3%.
“L’incertezza e i dazi hanno un impatto negativo su un quadro già debole, in particolare su export e investimenti. Ciò, nonostante scendano i tassi e i prezzi dell’energia. In particolare, preoccupano gli investimenti. I consumi sono l’unico traino, indeboliti anche questi dall’incertezza. Anche in Europa, prima dei dazi è l’industria a faticare. In leggero recupero solo in Germania. In Italia, i cali vanno riducendosi ma i dazi rischiano di rendere strutturale la crisi”, si legge nel rapporto sulla congiuntura di aprile redatto dal Centro studi Confindustria.
Usa prima destinazione di beni e servizi italiani
“Il Pil italiano è atteso in crescita modesta nel 1° trimestre 2025: i servizi frenano e l’industria rallenta il calo” continua la nota. Per gli analisti di Confindustria l’“unico effetto collaterale positivo è che scende il costo dell’energia”. Ma per il Centro studi si intravedono “più ostacoli che spinte” per la crescita. In particolare, l’impatto dei dazi Usa è destinato a essere assai forte: gli Stati Uniti sono la prima destinazione extra-Ue di beni, servizi e Ide (Ambiente di sviluppo integrato) italiani.
Detengono il primato sia come localizzazione delle imprese industriali controllate da quelle italiane, che come paese di provenienza di multinazionali in Italia. Il manifatturiero genera la quasi totalità dell’export italiano negli Usa, pari a più di un decimo delle vendite manifatturiere all’estero (10,8%). Secondo stime di Viale dell’Astronomia, le vendite negli Usa attivano, direttamente e indirettamente, quasi il 7% della produzione manifatturiera italiana (circa 90 miliardi di euro). I settori più esposti sono farmaceutico, autoveicoli, macchinari.
Manifatturiero a rischio
Così, “con i dazi è forte il rischio di una crisi strutturale per l’industria: a febbraio la produzione è calata (-0,9%), dopo il rimbalzo a gennaio (+2,5%). La variazione acquisita nel primo trimestre è positiva (+0,4%) dopo 5 trimestri in calo. I dazi agiranno negativamente principalmente sul manifatturiero”. In base a una simulazione del Centro studi, dazi e incertezza causeranno una minore crescita di -0,3% del Pil italiano nel 2025-2026, a causa di una più bassa dinamica dell’export di beni (-1,2%) e degli investimenti in macchinari (-0,4%).
Cruciale trovare nuovi mercati
Tuttavia, per gli esperti di Confindustria “è da evitare una ritorsione tariffaria Ue sugli acquisti dagli Usa”, perché “impatterebbe sui prezzi e sulla fiducia di famiglie e imprese, con un’ulteriore frenata del Pil. Cruciale, invece, concludere nuovi accordi commerciali Ue con altri importanti partner economici (Mercosur, India)”.