di Andrea Koveos
Sedicimila occupazioni abusive su un totale di 60 mila alloggi popolari. A Napoli una famiglia su quattro abita una casa pubblica illegalmente. Non basta. La Procura di Napoli ha segnalato 3 mila casi sospetti di appartamenti, in cui risiederebbero famiglie criminali della città. La malavita organizzata utilizzerebbe questi spazi come nascondigli per i latitanti o come centri di smistamento. Eppure la legge è chiara: i condannati per associazione mafiosa, con sentenza passata in giudicato, non hanno il diritto di stare nelle case popolari.
Una legge che purtroppo a Napoli è rimasta scritta su un pezzo di carta, mentre i clan continuano a gestire il mercato nero degli alloggi. Nei rioni popolari, infatti, sono insediate alcune delle grandi famiglie criminali della città.
Gli uomini della Camorra utilizzano il patrimonio immobiliare pubblico a loro piacimento mentre la permanenza degli inquilini dipende dal destino degli stessi clan a cui sono stati costretti ad “affiliarsi”. Nel giro di pochi giorni il boss che ha conquistato la supremazia del territorio è in grado di eseguire fino a 200 sfratti un una sola notte a beneficio dei suoi parenti o amici. Succede a Scampia a Ponticelli a Traiano. Famigerato è il caso di Ciro Sarno detto “o sindaco” che per anni ha gestito personalmente la compravendita degli appartamenti.
Nonostante prove inconfutabili, c’è chi la pensa diversamente negando la presenza della Camorra nei quartieri popolari napoletani. Un ex Presidente di Commissione consiliare, ora Consigliere comunale, in una lettera indirizzata all’Unione Inquilini sostiene che a Secondigliano e nell’intera area Napoli Nord la camorra non esiste, “cancellando con queste parole il sangue versato nella lunga guerra che ha opposto i Di Lauro e gli scissionisti, con un bilancio di più di 150 morti ammazzati”.
Un fenomeno, quello delle infiltrazioni camorristiche, in espansione mentre arriva l’ennesima sanatoria per gli irregolari, un vero e proprio regalo alla malavita organizzata. Anche nella città campana le abitazioni pubbliche sono gestiti da due enti diversi: 35mila appartamenti sono di proprietà del Comune di Napoli e 25 mila appartengono allo Iacp (istituto autonomo case popolari).
Le persone che sono in graduatoria e che sono in possesso dei requisiti necessari ad entrare in una casa popolare solo oltre 10mila. Di questi 3 mila sono i cosiddetti “scantinatisti”, famiglie che in passato sono state costrette a vivere in squallidi scantinati adattati a casa. Intanto le liste d’attesa aumentano quotidianamente di nuovi legittimi pretendenti: oltre ai 7mila sfrattati, si aggiungono i nuovi disoccupati, le giovani coppie i coabitanti e le famiglie (almeno 250) che devono essere traslocate dalle Vele di Scampia. E Il Comune procede come una lumaca. Da sei anni a queste parte sono state consegnate meno di 200 chiavi.
Sul versante delle manutenzione le cose vanno anche a peggio. Da alcune stime effettuate dal vecchio gestore delle case popolari (Romeo gestioni Spa, ora nelle mani di Napoli Servizi) sarebbero necessari oltre 350 milioni di euro di lavori urgenti. Anche nel capoluogo campano le case popolari non si costruiscono più. Al momento sono già in fase di attuazione alcuni interventi disocial housing il cui elemento di maggiore novità è costituito dal coinvolgimento di capitali privati.
Ma i numeri di alloggi e i valori degli interventi ad oggi attivati sono ancora del tutto insufficienti e gli stanziamenti variano da regione a regione: il welfare abitativo (secondo gli ultimi bilanci disponibili) va dai meno di 50 euro pro capite delle Marche, agli oltre 300 euro del Trentino-Alto Adige, con una media nazionale di quasi 75 euro.