“Pattume mediatico su mio padre, reagiremo”, tuona Marina Berlusconi dopo l’ultima puntata di Report. La trasmissione di Sgfrido Ranucci ha fatto quello che dovrebbe fare il giornalismo: evitare che il potere riscriva la storia, evitare che la memoria ammuffisca sotto il peso delle convenienze politiche.
Per raccontare i rapporti tra Silvio Berlusconi e la mafia basta raccontare la storia del suo braccio destro Marcello Dell’Utri. Dell’Utri, già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, è stato assolto nel 2023 nel processo sulla trattativa Stato-mafia, ma la sua intermediazione tra i vertici di Cosa Nostra e Berlusconi è stata confermata da una sentenza definitiva. È stato riconosciuto come mediatore tra Berlusconi e Cosa nostra. La sua attività ha incluso la garanzia di protezione per Berlusconi e la sua famiglia, nonché il sostegno all’attività imprenditoriale dell’ex premier, in cambio di favori politici. Secondo le indagini, Dell’Utri avrebbe facilitato l’appoggio elettorale della mafia a Forza Italia in cambio di promesse politiche favorevoli a Cosa nostra, contribuendo così a consolidare il potere politico di Berlusconi.
Marina Berlusconi dice che suo padre “è sempre stato in prima fila contro le mafie” mentre le sentenze raccontano una storia diversa. Forza Italia – il partito della famiglia Berlusconi – rincara la dose parlando di scempio. Dall’opposizione se appoggiate l’orecchio si sente solo un flebile bisbiglio.
Per riscrivere la storia bisogna prima cancellare la memoria. Per cancellare la memoria bisogna calunniare chi ricorda. Per questo il giornalismo serve. Oggi più che mai.
La Sveglia