Manca la voce di Peppino Impastato, ricordato il 9 maggio per il 44esimo anniversario del suo omicidio mafioso, per raccontare la grottesca situazione che si è creata intorno all’immobile di Gaetano Badalmenti, il boss mafioso che nelle trasmissioni di Radio Aut veniva canzonato con il nomignolo di Tano seduto da Peppino e i suoi compagni.
Il casale della onlus che ricorda Peppino Impastato è tornato nella disponibilità del figlio di don Tano Badalamenti
Don Tano Badalmenti non c’è più (è deceduto nel 2004), non c’è più Peppino, ma a Cinisi si battaglia intorno a un immobile dei Badalamenti che è stato assegnato al Comune nel 2010 dall’Agenzia per i beni confiscati e che con una sentenza della Corte d’Assise nell’estate del 2020 è tornato nella disponibilità di suo figlio Leonardo.
Si tratta di un casolare che al momento della confisca era una stalla di poco valore e che grazie al finanziamento di 370 mila euro dal Gal di Castellammare del Golfo è diventata un bene pienamente utilizzabile. Per anni il Comune di Cinisi lo ha gestito facendone un simbolo di legalità. L’estate di due anni fa Leonardo Badalmenti andò a bussare al sindaco di Cinisi per riprendersi l’immobile. Non fu un incontro di cortesia. Dovettero intervenire i carabinieri e tutto finì con denunce da entrambe le parti.
In uno scenario così bollente il sindaco di Cinisi, Giangiacomo Palazzolo, decide di forzare la mano e di assegnare il casolare a Casa Memoria, la onlus che opera in memoria di Peppino Impastato, ucciso su ordine da Tano Badalamenti il 9 maggio del 1978. “Il casolare non tornerà mai ai Badalmenti”, annunciò il sindaco, con l’appoggio della Cgil e delle associazioni antimafia.
In effetti vedere il figlio di Don Tano finire in una villetta sistemata con soldi pubblici sarebbe uno smacco degno dei rovesciamenti di Mafiopoli. In effetti c’è una norma di legge che permette al Comune di ottenere il bene confiscato pagando un indennizzo. Da qui in poi si entra nell’assurdo. Il figlio del capomafia rilascia a marzo un’intervista a Palermo Today in cui spiega di essere incensurato. Vero.
In realtà c’è un arresto ad agosto 2020 da parte della Direzione investigativa antimafia, in collaborazione con la Criminalpol e la polizia brasiliana, in esecuzione di un mandato di cattura internazionale emesso dall’autorità giudiziaria del San Paolo del Brasile “per associazione criminale finalizzata al traffico di stupefacenti e falsità ideologica” ma l’Italia ha negato l’estradizione.
Gaetano Badalamenti dice: “È un bene di famiglia e non ho intenzione di cederlo, anche per il modo poco trasparente con cui è stato acquisito dal Comune di Cinisi. Come hanno stabilito i giudici, chiedo semplicemente ciò che è mio e mi spetta”. Lezioni di trasparenza, insomma. Poi ci spiega che gli sembra “strano che possa essere stato il mandante dell’omicidio di Peppino Impastato” ma che non gli piace “parlare a vanvera di cose” che non conosce.
E quando qualcuno gli fa notare che quella casa è stata nel frattempo ristrutturata risponde (a Nello Trocchia, su Domani) che “l’hanno data agli Impastato per creare una contrapposizione”. Manca la voce di Peppino Impastato per poter raccontare di un Paese in cui il figlio di don Tano chiede il rispetto della legge, parla di sentenze che si devono rispettare e aspetta soddisfatto la restituzione di un immobile o un lauto assegno dallo Stato. Nemmeno Peppino, che della risata ne aveva fatto un’arma bianca contro la mafia, riuscirebbe ad accennare un sorriso. È troppo amaro il sapore della sconfitta.