Il bagno di folla di Piazza Santi Apostoli nel segno della battaglia storica dei Cinque Stelle contro i vitalizi – il privilegio più odiato dagli italiani – ha avuto l’effetto di ricucire quel rapporto tra la base e i vertici del Movimento, messo a dura prova, anche in termini di consenso, nonostante buona parte delle promesse elettorali realizzate, da quasi due anni di matrimonio forzato, prima con la Lega e poi con il Pd. Bocconi amari difficili da digerire per la costellazione più ortodossa della galassia pentastellata ma che inevitabilmente i 5S hanno dovuto ingoiare per la transizione da Movimento di lotta a forza di governo.
TABELLA DI MARCIA. Certo, un’iniezione di fiducia, la piazza stracolma di Roma. Il segnale importante che, nonostante il pesante calo nei sondaggi rispetto alle Politiche 2018, lo zoccolo duro è ancora pronto a sostenere le battaglie identitarie del Movimento. E non è secondario che l’iniziativa di sabato scorso, come raccontato per prima proprio da La Notizia, sia stata promossa e indotta dal basso, direttamente dalla base con cui i vertici sono tornati a dialogare. Ora il punto è come capitalizzare e, soprattutto, come evitare di disperdere il patrimonio di quelle migliaia di attivisti, parte dei quali si sono materializzati in carne ed ossa a Santi Apostoli in barba alla vulgata degli anonimi avatar teleguidati dalla Piattaforma Rousseau.
Il primo vero banco di prova saranno gli Stati Generali, previsti dopo il 29 marzo, data dell’inutile referendum costituzionale – 300 milioni buttati per i capricci del Centrodestra in una consultazione dall’esito tanto scontato quanto plebiscitario – sulla riforma che taglia da 945 a 600 i seggi parlamentari. Appuntamento in primavera, quindi, quando però l’evento del Movimento potrebbe sovrapporsi alla prossima ondata di elezioni Regionali. In primavera si voterà infatti in Campania, Puglia, Toscana, Liguria, Veneto e Marche. Una bella gatta da pelare per il reggente Vito Crimi che dovrà vedersela, sui diversi territori, con chi chiede di andare alle urne da soli, costi quel che costi, e chi, invece, vuole rimettere alla base, proprio su Rousseau, la decisione finale di dare vita o meno a possibili alleanze con il Pd, specie nelle Regioni dove la partita con il Centrodestra è aperta e contendibile.
MOSSA A SORPRESA. Come ad esempio in Campania, dove Valeria Ciarambino ha rinunciato a correre per lanciare l’attuale ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, con l’avallo dei vertici nazionali. “Le votazioni in rete per la scelta dei candidati alle regionali in Campania proseguiranno regolarmente – ha detto il reggente M5S, Vito Crimi, ringraziando la Ciarambino per “le parole coraggiose” -. Tuttavia, concordo sul fatto che il nome di Costa potrebbe consentire la realizzazione di un serio progetto, improntato su valori di legalità e giustizia, condiviso e sostenuto da tutte le persone che hanno a cuore il futuro di questa splendida regione”. Un messaggio al Pd che suona più o meno così: scaricate De Luca e convergete su Costa.
Una situazione speculare e opposta a quella in Liguria, Regione a forte tradizione Pd, dove difficilmente l’ipotesi, al momento molto remota, di un’alleanza di Centrosinistra potrebbe nascere intorno ad un candidato governatore espresso dai Cinque Stelle. Di certo, il nome di Costa in Campania spiazza il Pd che dopo ore di silenzio, ieri, ha confermato pieno sostegno “alla candidatura a presidente di Vincenzo De Luca e si impegna per realizzare a suo sostegno la più ampia coalizione sulla base di un programma condiviso”. Nome inaccettabile per i 5S. I dem lo sanno. Nelle prossime ore si vedrà se c’è ancora spazio per trattare.