Un Movimento, tanto per fare qualche nome, senza l’attuale presidente della Camera Roberto Fico, senza l’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, senza la vicepresidente vicaria del M5S Paola Taverna e senza l’ex capo politico Vito Crimi. Sono solo alcuni dei circa cinquanta parlamentari dei Cinque stelle che non potranno ricandidarsi alle prossime elezioni politiche.
Ieri, infatti, è stato riconfermato il limite ai due mandati, uno dei principi fondanti, difeso dal garante Beppe Grillo a dispetto del pressing di Giuseppe Conte per ottenere almeno qualche deroga. “Ho parlato con Beppe giorni fa – racconta un senatore che preferisce restare anonimo e che rivela un aneddoto che si nasconde dietro questa scelta – e mi ha detto che sul punto sarebbe stato inamovibile. E infatti così è stato. Mi ha detto che proprio poco prima che Gianroberto (Casaleggio, ndr) morisse, gli ha giurato che quel principio non sarebbe mai stato toccato”.
I 5S aprono alla società civile: la strategia contiana
Al di là delle ragioni che hanno portato a confermare non solo il tetto al doppio mandato, ma anche l’impossibilità di derogare a chi, ad esempio, ha fatto un mandato da parlamentare e uno da consigliere o eurodeputato, alla prossima campagna elettorale non vedremo, tra gli altri, il ministro delle Politiche giovanili Fabiana Dadone, e quello per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, l’ex ministro Danilo Toninelli, Riccardo Fraccaro, il presidente della commissione Affari costituzionali Giuseppe Brescia, Nunzia Catalfo, ex ministro del Lavoro e prima firmataria del disegno di legge sul salario minimo.
Un “buco” che inevitabilmente lascia spazio non solo a chi ha collezionato solo una legislatura (nomi forti sono, tra gli altri, Riccardo Ricciardi, Luigi Gubitosa, Mario Turco, Francesco Silvestri e Gianluca Ferrara) ma anche a nuovi “candidati” della società civile. Tra i nomi “caldi” che al nostro giornale viene indicata come una candidatura quasi certa, c’è il giornalista Michele Santoro. Ma non sarebbe l’unico.
“Stiamo ragionando – spiegano fonti interne – a nomi autorevoli del mondo universitario, della ricerca e anche del giornalismo”. Vedremo strada facendo. Non bisogna dimenticare, poi, anche il ritorno in corsa di personaggi importanti e che, nell’ottica di Conte, potrebbero portare voti alla causa. Su tutti, Virginia Raggi e Chiara Appendino. Situazione diversa vive invece Alessandro Di Battista che potrebbe alla fine non essere candidato. Il ragionamento è sottile e delicato: se da una parte Di Battista potrebbe portare voti soprattutto da parte degli ortodossi, si teme che una sua candidatura relegherebbe il Movimento a “forza anti-sistema” e a tratti filo-putiniana.
Questo è il timore che si respira tra i pentastellati: “Dobbiamo tener conto che altri attacchi arriveranno dai media e dai nostri rivali, e candidati che già hanno espresso posizioni border-line possono creare problemi”, riflette più di qualcuno. Senza dimenticare un altro aspetto: per racimolare voti il Movimento spera di recuperare il placet degli ex affezionati (che oggi non votano altri partiti, ma alimentano il bacino dell’astensionismo), e di conquistare quello degli elettori di sinistra non disposti a dare la propria “x” al maquillage che sta creando il Pd.
Le alleanze possibili
Resta da capire solo il tema delle eventuali alleanze. Al momento i Cinque stelle sono pronti a correre da soli. Ma non è detto che alla fine si giunga a un’intesa con le forze più vicine, per temi e programmi, ai penstastellati. Trattative in queste ore sarebbero in corso con Luigi de Magistris, ma anche con Sinistra Italiana e Verdi Europei. La vicinanza evidentemente c’è.
Bisogna capire se ci sono i margini e i tempi per creare una coalizione di questo tipo. La questione è anche “tecnica”, per così dire: la legge elettorale attuale prevede che, nel momento si crei una coalizione, la soglia di sbarramento è fissata al 10%. Al momento un’apertura esplicita è arrivata solo da de Magistris ma, stando ai sondaggi, il suo movimento vale intorno all’1%.
Dunque a quel punto converrebbe ai Cinque stelle correre da soli (e con una soglia di sbarramento molto più bassa). Il ragionamento invece cambia se si crea un’intesa più larga. Con temi chiari e condivisi. Dalle politiche sociali alla transizione ecologica. Temi che il Pd lascerà per strada.