“Credi sia solo un caso che proprio dopo l’annuncio di Conte della votazione degli iscritti sul tetto del doppio mandato, Di Maio sia uscito allo scoperto? Io non credo…”. Parola di un deputato del Movimento cinque stelle.
Al centro dell’ennesima querelle tra Di Maio e Conte c’è soprattutto il tetto del doppio mandato
D’altronde che al centro dell’ennesima querelle tra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte ci sia questo piuttosto che la questione ucraina, è un pensiero comune a tutti. Nonostante i “dimaiani” – ovvero coloro pronti a seguire il ministro degli Esteri in un’eventuale scissione – fanno valere le ragioni di quello che però sembrerebbe essere soltanto un alibi. I fuochi incrociati, però, ormai toccano tutti.
E allora se da una parte Beppe Grillo ha dato manforte a Conte chiarendo la necessità del tetto al doppio mandato, Davide Casaleggio si è unito nella presunta battaglia comune con Di Maio contro l’attuale presidente del Movimento. Il punto, però, è anche e soprattutto un altro: “Tetto o non tetto – spiega un senatore sentito dal nostro giornale – ormai è ininfluente: si è andati troppo oltre le accuse, ormai quel che si fa poco conta: Di Maio non può restare nel Movimento”.
E qui sorge l’inevitabile seconda domanda: qual è oggi la geografia del Movimento tra contiani, dimaiani e chi invece in maniera silente sta capendo dove e come riposizionarsi per evitare di perdere il posto magari anche alle prossime elezioni?
Secondo quanto risulta al nostro giornale, sarebbero una cinquantina, al massimo una sessantina i parlamentari pronti a seguire Di Maio. Un numero certamente non trascurabile, a maggior ragione se si pensa che solo fino a poco tempo fa la quota sarebbe stata molto più bassa. Ovviamente a incidere sono stati due fattori su tutti: da una parte, appunto, la decisione di indire una votazione sul tetto al doppio mandato; dall’altra la clamorosa – e indubitabile – debacle elettorale del Movimento all’ultima tornata.
Lo zoccolo duro dei “seguaci” di Di Maio è composto inevitabilmente dai parlamentari campani. Parliamo su tutti di Cosimo Adelizzi e Luigi Iovino. Ma ci sono anche tanti onorevoli che per il momento hanno scelto la strada del silenzio pur essendo anche loro assolutamente pronti a seguire il titolare della Farnesina lontano dal Movimento. Parliamo di Manlio Di Stefano, Sergio Battelli, Gianluca Vacca, Simone Valente e ovviamente Laura Castelli, moglie di Peppe Marici, portavoce proprio di Di Maio.
Parliamo, dunque, di parlamentari che non solo hanno avuto o hanno tuttora incarichi di governo, non solo di persone al secondo mandato (e questo potrebbe far mal pensare evidentemente), ma soprattutto di pentastellati che hanno un peso nell’elettorato. Ed è proprio questa la preoccupazione di Conte: il rischio che possano tirarsi dietro anche altri parlamentari, attivisti, elettori.
Il vero timore di Conte, dunque, è che il numero si ampli. Ed è per questo che altrettanti parlamentari hanno creato una sorta di cerchio magico di protezione intorno al presidente. Da Riccardo Ricciardi a Michele Gubitosa fino a Mario Turco, si è già al lavoro per far comprendere la necessità di una svolta nel Movimento. Come? Insistendo su temi identitari.
E dunque il no all’invio di nuove armi all’Ucraina, la battaglia in difesa del Superbonus e quella per introdurre il salario minimo. Al di là non più sanabile spaccatura interna, resta una domanda a cui per ora non c’è risposta: ma un partito di Di Maio e un Movimento senza di lui quanto potrebbero prendere alle urne?