Da un lato, l’entrata in vigore della tregua tra Hezbollah e Israele in Libano; dall’altro, i combattimenti nella Striscia di Gaza, che continuano con rinnovata intensità. Queste sono le due facce della medaglia della guerra in Medio Oriente, iniziata con gli attentati terroristici del 7 ottobre scorso da parte dei miliziani di Hamas e che sembra destinata a protrarsi, almeno sul fronte palestinese.
Il cessate il fuoco in Libano, previsto per una durata di sessanta giorni, è scattato alle 4 di ieri mattina (le 3 ora italiana). Prima di entrare in vigore, è stato preceduto da un intenso scambio di attacchi: Hezbollah ha lanciato una raffica di missili verso Israele, mentre l’aviazione dello Stato ebraico ha continuato a colpire il sud del Libano fino all’ultimo momento, concentrando i bombardamenti sulla capitale Beirut. Le forze dell’IDF, per la prima volta dal 2000, si sono spinte fino al fiume Litani. Nonostante la cessazione, seppur temporanea, delle ostilità, il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha ordinato ai militari di contrastare con fermezza i presunti membri di Hezbollah che, approfittando della tregua, stavano tentando di tornare nei villaggi di confine ancora occupati dalle truppe israeliane.
“A causa dell’ingresso di membri di Hezbollah a Kfar Kila, è stato ordinato ai militari di agire con forza e senza compromessi contro sviluppi di questo tipo”, si legge in una nota del ministero della Difesa. Di conseguenza, come richiesto da Katz, l’artiglieria israeliana ha aperto il fuoco, sparando colpi di avvertimento verso il sud del Libano per impedire sia ai civili libanesi sia ai presunti militanti di Hezbollah di tornare nelle loro abitazioni situate nel settore orientale della linea blu.
Sulla tregua in Libano è botta e risposta tra Netanyahu e Hezbollah
A spiegare le ragioni di questa tregua è stato il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, che ha indicato tre obiettivi principali: “Concentrare le attenzioni contro la minaccia iraniana; rinnovare le forze e i rifornimenti di armi; separare i fronti e isolare Hamas”.
Di tutt’altro avviso è Hezbollah, che considera l’accettazione della tregua un proprio successo militare. “Il nemico ha lanciato grandi slogan e poi ha implorato un cessate il fuoco”, ha dichiarato il deputato di Hezbollah Ibrahim Moussawi a Ynet.
A Gaza torna il terrore
Al di là delle dichiarazioni sulle ragioni della tregua, emergono ancora una volta le ferme intenzioni di Netanyahu di proseguire i combattimenti nella Striscia di Gaza “per tutto il tempo necessario” a eliminare definitivamente la minaccia rappresentata da Hamas. Queste parole hanno trovato immediato riscontro nei fatti, con l’IDF che ha lanciato pesanti raid su Gaza. Gli attacchi hanno causato la morte di 15 persone, inclusi sfollati ospitati nella scuola al-Tabeaeen.
Raid hanno colpito anche il sobborgo di Shejaya, a Gaza City, dove sono morte quattro persone, e la città di Beit Lahia, che ha registrato altre tre vittime. Bombe sono state sganciate anche sul campo profughi di Jabalia, nel nord di Gaza, provocando almeno due morti. Di fronte a questa escalation, Hamas ha nuovamente chiesto a Netanyahu di cessare gli attacchi e negoziare una tregua. Tuttavia, il primo ministro israeliano non ha risposto all’appello, mantenendo la linea dura che ha caratterizzato questa fase del conflitto.