Raccontano che Giorgia Meloni sia arrivata all’appuntamento dell’assemblea generale dell’Onu visibilmente stanca. E non abbiamo motivo di non crederci. Il suo obiettivo a New York è quello di cercare nuovi alleati nella sua battaglia per fermare l’immigrazione illegale. Elemosinando l’aiuto dell’Onu, con l’idea, magari, di hotspot in Africa sotto l’egida dell’Unhcr.
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La stanchezza è giustificata, dicevamo. Non si fermano gli sbarchi nel nostro Paese e tanto gli amici sovranisti, dalla Polonia all’Ungheria, quanto i leader dei principali Stati europei, da Francia a Germania, le remano contro. Parigi blinda il confine tra Mentone e Ventimiglia, da Berlino invece è arrivato lo stop ai processi di selezione dei richiedenti asilo che arrivano in Germania dall’Italia nell’ambito del meccanismo di solidarietà volontaria.
La strada per la messa a punto di un’azione Ue è lastricata di ostacoli segnata com’è da uno scontro interno alle istituzioni comunitarie sull’intesa con Tunisi: da un lato il Consiglio Ue, per nulla soddisfatto del modo di procedere della Commissione, e dall’altro l’esecutivo europeo, che non ha alcuna intenzione di abbandonare la strada tracciata dal Memorandum siglato con Kais Saied.
E sulla cui attuazione ha intenzione di fare un punto il prossimo lunedì. I soldi promessi a Saied non sono ancora arrivati e la Tunisia è ora sul chi va là. Ieri poi il Parlamento europeo ha sospeso il negoziato sul testo per il database europeo per le richieste d’asilo e su quello sullo screening congiunto degli arrivi a causa “dello stallo al Consiglio Ue sulla regolamentazione delle crisi migratorie”, il dossier che contiene un possibile meccanismo di redistribuzione dei migranti. Stallo prodotto ancora una volta dagli amici sovranisti di Meloni (la questione è planata anche sul tavolo della riunione dei Rappresentanti Permanenti dei 27).
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Ma Meloni nonostante tutto continua a difenderli. “Parlate della Polonia ma la Francia ha bloccato le frontiere, la Germania ha detto che non ricolloca, l’Austria ha detto che farà più controlli al Brennero. Tutte le nazioni europee si stanno comportando così e questa è la ragione per la quale l’unico modo serio per affrontare la questione è che tutti insieme lavoriamo sulla difesa dei confini esterni”. Il punto, ribadisce, non sono i ricollocamenti, dunque, ma quello di bloccare le partenze.
Ecco allora che l’unica strada percorribile, secondo lei, rimane il suo Piano Mattei. E che costituirà il cuore del suo intervento previsto nella notte all’assemblea dell’Onu. “Non consentirò che l’Italia diventi il campo profughi d’Europa”, ha dichiarato. Condizioni migliori, stabilizzazione politica, crescita in Africa sono gli strumenti che in prospettiva possono contenere le partenze. “Io penso che una organizzazione come l’Onu, fondamentale a sconfiggere la schiavitù, non possa consentire il ritorno di quella barbarie sotto alte forme e intendo dirlo con chiarezza” nel corso “del mio intervento”.
Tra parentesi va detto che in cima alle preoccupazioni dell’assemblea dell’Onu e degli interventi che si sono dispiegati non sembra esserci stato spazio finora per il problema che toglie il sonno a Meloni. Ma la premier non demorde ed è pronta a presentarlo lei. Peccato che di un Piano per l’Africa finora non c’è traccia neanche in Italia. E che, appena qualche giorno, fa il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, in un’intervista alla Cnn abbia ammesso con candore disarmante quanto segue: “Non ho alcun potere e non ci sono soldi”.
Quale tipo di aiuto allora speri di ottenere dall’Onu la leader di Fratelli d’Italia rimane un mistero. Meloni, tra le altre cose, non solo ha saltato il ricevimento di Joe Biden, il tradizionale appuntamento che il presidente americano offre ai leader mondiali in occasione dell’assemblea Onu. Ha deciso anche di non intervenire alla sessione speciale del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dedicata all’Ucraina.