Da una parte la spa del latte, decisa a fare cassa dopo il buco da 14 miliardi creato dall’ex manager Calisto Tanzi, e dall’altra il Ministero per i beni culturali, che dà battaglia per non far perdere all’Italia un prezioso dipinto di Claude Monet, uno degli esponenti dell’impressionismo. Un braccio di ferro finito al Tar del Lazio e che ha visto il Mibact sconfitto. L’ennesimo effetto della bancarotta consumata attorno alla Parmalat, poi salvata e dal 2011 controllata dalla francese Lactalis.
IL BLITZ. Dopo l’arresto nel 2003 di Calisto Tanzi, per 40 anni alla guida della Parmalat e ritenuto il principale artefice della voragine nei conti dell’azienda, condannato in via definitiva per bancarotta e aggiotaggio, la Guardia di finanza iniziò la caccia al tesoro dell’imprenditore. Vennero così scoperti numerosi quadri di valore, tra cui dei dipinti di Picasso, Gaugain, Van Gogh e Modigliani, nascosti in un garage. Secondo gli investigatori stavano per essere venduti clandestinamente a collezionisti stranieri. E il tesoro di Tanzi venne stimato in circa 100 milioni di euro.
Beni diventati oggetto di un’azione esecutiva intrapresa dalla stessa Parmalat davanti al Tribunale di Parma, cercando di recuperare almeno parte delle ingenti somme sparite, e di sequestro penale. Con ordinanza del giudice dell’esecuzione, parte delle opere pignorate sono state quindi messe all’asta ed affidate alla Casa d’aste Pandolfini, incaricata di venderle entro il prossimo 31 dicembre. Un lotto che comprende anche il dipinto “La Falaise du Petit Ailly à Varengeville” di Claude Monet.
IL CONTENZIOSO. Il Mibact, temendo che una volta venduto il prezioso Monet finisca fuori dai confini nazionali, con un decreto del 28 febbraio scorso ha dichiarato quell’opera di interesse storico-artistico “particolarmente importante”. Un’operazione per vincolarla. La Parmalat, interessata invece a raccogliere i proventi della vendita, ha impugnato il decreto, ottenendone ora dal Tar l’annullamento. Per i giudici, il Ministero ha violato le garanzie procedimentali, non avendo consentito alla spa del latte e allo stesso proprietario dell’opera di partecipare al procedimento con cui è stato imposto il vincolo.
Un sistema che alla Parmalat fa rischiare di “perdere in modo definitivo e irreparabile il diritto di rivalersi mediante la vendita all’asta dell’opera, a causa della perdita di valore di mercato della stessa determinata dall’assoggettamento a vincolo”. Tutto annullato. Ma il Mibact, coinvolgendo questa volta l’azienda, potrebbe tentare di emanare un decreto bis.