A qualcuno che legge questa breve riflessione può capitare di riconoscere la propria situazione, ad altri è richiesto un utile esercizio di immaginazione per provare a intuire cosa possa voler dire vivere senza una casa – non per libera scelta, ma perché non la si può pagare. O perché, come sta capitando a circa 150.000 famiglie italiane (qui l’ultimo report della Caritas), un tempo la si riusciva a pagare e oggi non più. Il 2021 ha portato via con se il blocco degli sfratti decretando in sostanza un via libera al lavoro degli ufficiali giudiziari che, rispondendo alla legge, lasciano senza tetto chi per morosità occupa indebitamente l’altrui proprietà privata.
I diritti da contemperare in questo caso sono infatti due: quello ad avere una casa e la tutela della proprietà privata. Dobbiamo infatti ricordare come il canone di locazione costituisca per tanti piccoli proprietari l’unica fonte di reddito, o una significativa integrazione di questo. A una già difficile situazione pre-pandemica che vedeva l’edilizia sociale da ripensare, la pandemia ha dato il colpo di grazia definitivo e adesso – tutti coloro che non possono beneficiare del bonus affitti perché le casse del proprio comune sono vuote, o non sufficientemente piene – si ritrovano a non essere più protetti dallo Stato che ha smesso di erogare risorse pur non avendo ancora oltrepassato il guado della crisi pandemica ed economica. E ora che la Consulta ha detto No a un’ulteriore compressione del diritto di proprietà, che fare? La risposta dovrebbe darla il governo, magari assieme al pacchetto di misure che tutti attendiamo in merito al contenimento del rincaro delle bollette. Perché, va detto, oltre al diritto alla casa c’è anche quello a poterla abitare dignitosamente.
MENO SCONTRI SOCIALI, PIÙ AIUTI. È singolare come lo stato d’emergenza, che pure ha visto una sua proroga fino al 31 marzo, non abbia costituito un incentivo a non farsi trovare impreparati da parte del governo guidato dal Migliore. Fa bene allora ricordare come una misura tanto osteggiata pubblicamente come il Reddito di cittadinanza, si sia rivelata invece decisiva nel dare sollievo sul fronte della lotta alla povertà anche a parte di coloro che – rischiando di trovarsi senza casa e avendone i requisiti – hanno potuto beneficiarne. Dovremmo ricordarlo tutti, non per tifoseria politica, ma perché vogliamo bene al nostro Paese che vede ancora l’indigenza come una delle sue piaghe da sanare. Tutto questo combinato a delle politiche attive del lavoro che vedano protagonisti innanzitutto i nostri giovani, impiegando le loro energie e la loro volontà anche in mansioni che siano socialmente utili. Tutto ciò in attesa di una vera ripartenza del nostro Paese.