Dopo quindici mesi di guerra a Gaza e lunghe trattative, è finalmente arrivata una svolta: Hamas ha accettato una bozza di accordo per un cessate il fuoco nella Striscia e il rilascio di decine di ostaggi israeliani. A riportare per prima la notizia è stata l’Associated Press, citando due funzionari israeliani coinvolti nei colloqui. Secondo quanto riferito dall’agenzia statunitense e ripreso dai media israeliani, l’accordo prevede un progetto articolato in tre fasi per una durata complessiva di sei settimane.
La bozza di accordo che potrebbe mettere fine alla guerra a Gaza
Il primo step di questa tregua, che dovrebbe durare 42 giorni, prevede il rilascio graduale, da parte di Hamas, di tutti i 33 ostaggi civili – vivi o morti – ancora in mano ai militanti palestinesi, tra cui cinque soldatesse di Tel Aviv. In cambio, Israele libererà 50 prigionieri palestinesi, inclusi 30 condannati all’ergastolo per terrorismo, e inizierà il ritiro delle truppe dalla Striscia di Gaza, mantenendo però il controllo del Corridoio di Filadelfia al confine con l’Egitto. Inoltre, il governo guidato da Benjamin Netanyahu si impegna a consentire, dopo averlo inizialmente osteggiato, il passaggio giornaliero di circa 600 camion di aiuti umanitari.
Al termine dei 42 giorni, inizierà la seconda fase dell’accordo, i cui dettagli verranno definiti durante la tregua attraverso tavoli negoziali. Tuttavia, si sa già che questa fase dovrebbe includere l’ulteriore rilascio di soldati israeliani prigionieri di Hamas in cambio di altri detenuti palestinesi e del ritiro completo delle forze israeliane dalla Striscia. La terza e ultima fase prevederebbe la restituzione dei corpi dei soldati israeliani caduti, in cambio di un piano di ricostruzione di Gaza finanziato da Israele e dalla comunità internazionale. Questa fase dovrebbe anche servire a verificare la possibilità di raggiungere un cessate il fuoco permanente.
Dubbi e timori
Sebbene l’accordo rappresenti una speranza per porre fine al conflitto che ha sconvolto il Medio Oriente, non mancano dubbi e timori. Una delle principali critiche riguarda l’assenza di garanzie che il cessate il fuoco prosegua fino al raggiungimento di un accordo definitivo. In altre parole, al termine delle tre fasi, Israele potrebbe decidere di riprendere l’offensiva nella Striscia di Gaza per completare quella che Netanyahu ha definito la “distruzione totale di Hamas”, considerata da lui una condizione imprescindibile per chiudere questa drammatica pagina di storia.
I mediatori di Stati Uniti, Qatar ed Egitto si sono impegnati a fare il possibile per evitare una ripresa delle ostilità. Tuttavia, il ministro israeliano per la Sicurezza nazionale e leader dell’estrema destra, Itamar Ben-Gvir, ha espresso forte opposizione all’accordo. Su X (ex Twitter), Ben-Gvir ha dichiarato: “Nell’ultimo anno, grazie al nostro potere politico, siamo riusciti a impedire che questo scellerato accordo venisse approvato più volte. Ora, però, altri elementi si sono uniti al governo e sostengono l’accordo”. Secondo Ben-Gvir, l’intesa rappresenta “una resa ad Hamas” e ha invitato il collega Bezalel Smotrich a unirsi a lui nell’opposizione, definendo l’accordo “catastrofico per la sicurezza di Israele”.