In concomitanza con l’anniversario delle stragi di mafia, a Palermo si è tenuto un summit sul narcotraffico con magistrati venuti anche dal Sud America. A questo si aggiungono gli arresti degli scorsi giorni legati alla mafia turca. Michele Gubitosa, vicepresidente del Movimento 5 Stelle e componente della commissione Antimafia, a suo giudizio sono entrambe dimostrazioni del fatto che oltre al pericolo interno c’è da considerare quello legato alle mafie straniere?
Parlerei più che altro di una rete di mafie italiane e straniere strettamente collegate tra loro. Il traffico di stupefacenti più diffuso in Europa è la cocaina, una droga di cui si occupano soprattutto trafficanti colombiani e di altri Paesi sudamericani. Ma da oltre vent’anni un ruolo da protagonista in questo traffico ce l’hanno gli uomini della ‘Ndrangheta, che usano i porti del nord Europa, dove si servono di strutture fisse. In rapporto strettissimo con la ‘Ndrangheta, abbiamo gruppi turchi che si occupano soprattutto di occultare la merce nel trasporto, mentre gli albanesi si dedicano per lo più alla distribuzione. Abbiamo dunque a che fare con una sorta di industria sovranazionale del narcotraffico.
L’Italia, con la sua esperienza sul tema, può – come per esempio sta facendo proprio sul narcotraffico – avere un ruolo di guida a livello internazionale?
L’Italia è un modello e come tale viene percepita oltreconfine. Da anni ha dato indicazioni molto chiare sulle modalità attraverso le quali contrastare il traffico di stupefacenti, sfruttando l’esperienza maturata. La Direzione Nazionale Antimafia italiana è un modello di coordinamento investigativo e di cooperazione con gli investigatori di altri Paesi. Abbiamo costruito un vero e proprio modello di condivisione di informazioni e modalità operative.
Qual è il suo giudizio sulla lotta alla mafia da parte delle destre di governo?
Dipende da cosa si intende per lotta alle mafie: parliamo di quella con la coppola e la lupara, dei generali e degli eserciti delle cosche, o apriamo lo sguardo alle mafie del terzo millennio e alle loro modalità operative? Nel secondo caso, vediamo chiaramente un indebolimento degli strumenti di contrasto e – aspetto da non sottovalutare – ascoltiamo e leggiamo messaggi politici sbagliati e anche pericolosi. Mafia e corruzione sono due facce della stessa medaglia: oggi la criminalità organizzata è composta da comitati d’affari, si infiltra nella Pubblica Amministrazione e piega ai suoi sporchi affari gli uffici pubblici, talvolta include politici e pubblici ufficiali all’interno di quei circoli del malaffare. Anche alcune inchieste recenti ce lo dicono. Dunque, indebolire o abolire i reati contro la PA, come ad esempio l’abuso d’ufficio che è un grimaldello usato dalle mafie, demonizzare e limitare le intercettazioni, screditare la magistratura e minarne indipendenza e autonomia significa spianare la strada a quei comitati d’affari che includono il crimine organizzato.
Pensa che i paletti all’uso dei trojan e alle intercettazioni possano favorire le mafie?
Sicuramente. Il crimine dei colletti bianchi, infiltrato o che opera in stretta collaborazione con le mafie tradizionalmente intese, si contrasta con gli strumenti come le intercettazioni, il trojan e altri mezzi tecnologici. Basta leggere le cronache giudiziarie: è sufficiente vedere come si scoprono i gravissimi scandali che emergono da indagini di varie procure italiane, da nord a sud. Più volte i magistrati hanno detto pubblicamente che sono due gli strumenti veramente efficaci a nostra disposizione per combattere la criminalità organizzata e sono i pentiti e le intercettazioni. Sui primi, la legge sull’ergastolo ostativo del governo Meloni ha reso più conveniente l’omertà rispetto alla collaborazione, mentre le seconde sono l’ossessione del ministro Nordio e di tutto il centrodestra.
Diventa, inoltre, più difficile perseguire la corruzione, che spesso è proprio intrecciata con le indagini sulla mafia: così si indebolisce la magistratura nella lotta alla criminalità organizzata?
Quello a cui stiamo assistendo è un indebolimento della magistratura su più piani: colpiscono i migliori strumenti a sua disposizione, provano a screditarla di fronte all’opinione pubblica, agiscono per privarla dell’indipendenza e dell’autonomia che sono un vanto dell’ordinamento italiano. Noi continueremo a combattere questa visione, in Aula e nel Paese, e a schierarci sempre dalla parte della legalità.