Con i risultati del primo turno ormai definitivi, per Enrico Michetti e Roberto Gualtieri inizia il secondo round di questa lunga – ed estenuante – campagna elettorale. In vista del ballottaggio, il Mr. Wolf di Giorgia Meloni che ha capitalizzato il 30,14% delle preferenze (leggi l’articolo) e il dem che si è fermato al 27,03% non hanno perso tempo e hanno subito iniziato a corteggiare gli elettori che hanno scelto Carlo Calenda, arrivato terzo al primo turno con il 19.81%, e Virginia Raggi, quarta con il 19,09%.
Del resto, com’è sempre stato, a decidere le sorti dello scontro sarà proprio la capacità dei due sfidanti di accaparrarsi i voti dei delusi perché appare pressoché impossibile riuscire a portare alle urne quel 48% di persone che le ha già disertate al primo turno. Insomma si tratta di una partita a scacchi che, a dispetto di quanto sostengono in molti, è tutt’altro che scontata.
PARTITA APERTA. Proprio il tesoretto di voti conquistato da Calenda, con la sua lista che è stata la più votata a Roma, fa gola ai due contendenti. Che le cose stiano così è apparso evidente già lunedì sera quando, ormai dato per certo il ballotaggio tra Michetti e Gualtieri, sono iniziati i primi ammiccamenti. A gettare l’amo è stato Vittorio Sgarbi, scelto da Mr.Wolf come assessore alla cultura in caso di vittoria, secondo cui l’ex ministro di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni è l’ago della bilancia: “Per il ballottaggio sarà importante stare attenti a non disperdere l’elettorato di Calenda” con cui “si potrebbe valutare una collaborazione” anche se “non tocca a me dire se Calenda può entrare in squadra”.
Ammiccamenti continui che arrivano anche da Michetti il quale è ben conscio del fatto che per lui è più facile raccogliere voti nell’elettorato del leader di Azione che in quello della Raggi. Sull’ex ministro dei due governi dem, seppur in ritardo rispetto al rivale, si è fiondato Gualtieri limitandosi a dire che si augura “che sosterrà il candidato progressista e democratico”. Ma Calenda, forte del suo successo personale, non sembra intenzionato a prendere posizione per nessuno dei due. “Non farò né apparentamenti né alleanze”, ha fatto sapere salvo poi precisare che non esclude di effettuare una “dichiarazione di voto” nei prossimi giorni.
Tuttavia ha aggiunto: “Non capisco perché Gualtieri si aspetta un sostegno visto che dicono che sono di destra. Vorrei sapere se faranno una giunta con i 5 Stelle, Gualtieri questo lo deve chiarire a prescindere dal mio voto. Spostano il confine tra destra e sinistra a seconda di dove gli conviene”. Parole che rischiano di causare non pochi problemi al dem che di fatto è stato messo alle strette perché di pari passo procedono le manovre del Pd per instaurare un dialogo con M5S e, alla fine dei giochi, dovrà decidere da che parte stare. Quel che è certo è che la trattativa con i 5S è una manovra delicatissima, specie dopo che la sindaca uscente si è già detta contraria ad ogni ipotesi di apparentamento, per la quale i dem sperano di convincere Giuseppe Conte per strappare l’agognato appoggio.
“Non vedo nessuna possibilità che ci si possa rapportare con la politica che fanno queste destre e quindi non c’è nessuna indicazione da parte nostra in questa direzione”, ha detto il leader dei 5S che subito dopo ha aperto a Gualtieri spiegando che “è un ministro che ha lavorato con me e con il M5S e quindi vi è un’esperienza di governo misurata sul campo” ma “una indicazione di voto per ora è prematura e soprattutto rimane il fatto che gli elettori non sono dei pacchi postali da muovere su indicazione del leader di turno”.