La partita a scacchi continua. Ma questa settimana, complice lo start del Parlamento con la prima riunione delle Camere fissata per venerdì 23, si comincia a fare sul serio. E anche i leader dei principali partiti – in primis quelli di Lega e M5s – si muovono, si sentono. Sondano il terreno per capire il da farsi, a cominciare proprio dall’elezione dei presidenti di Montecitorio e Palazzo Madama, dove ognuno spera di riuscire a piazzare una propria pedina per provare a dare le carte.
Dopo il botta-e-risposta di ieri tra l’ex governatore della Lombardia, Roberto Maroni (“Vedo impossibile un governo assieme tra Lega e M5S”), e il leader del Carroccio, Matteo Salvini (“Ci sono punti in comune, nulla è impossibile”), e l’analisi consegnata al Corriere della Sera di Walter Veltroni che ha fatto irritare i renziani del Pd, oggi è il fondatore dei pentastellati, Beppe Grillo, a entrare direttamente nel dibattito con un’intervista a Repubblica. “Noi siamo un po’ democristiani, un po’ di destra, un po’ di sinistra, un po’ di centro – ha affermato Grillo -. Possiamo adattarci a qualsiasi cosa. A patto che si affermino le nostre idee”. Meglio: “Governare è affrontare il futuro con chi condivide una visione, non dividere le poltrone e poi scoprire di non avere una visione, tantomeno comune”. Insomma, Grillo ha assicurato che “non assisterete a una mutazione genetica del Movimento” perché se è vero che “l’epoca del vaffa è finita, quella degli inciuci non comincerà”.
Ieri era stato il candidato premier del M5s, Luigi Di Maio, a spiegare di aver telefonato a tutti i principali leader delle forze politiche per cercare di sbrogliare la matassa. Tra questi, ovviamente, anche Salvini. “Con lui, pur non affrontando la questione nomi e ruoli, abbiamo convenuto sulla necessità di far partire il Parlamento quanto prima – ha scritto Di Maio sul Blog delle stelle -. Questi confronti avvengono nel solo ed esclusivo interesse degli italiani, perché servono a individuare le personalità che possano ricoprire al meglio un ruolo fondamentale per il funzionamento di un Parlamento che sia al servizio dei cittadini”.
Far partire il Parlamento, come dice Di Maio, vuol dire appunto eleggere i presidenti delle Camere. Con Forza Italia che continua a chiedere insistentemente che come successore di Pietro Grasso a Palazzo Madama venga candidato (da tutto il Centrodestra) il capogruppo di FI, Paolo Romani. Con Renato Schifani che su Repubblica avverte: “Se Salvini giocasse in proprio si renderebbe protagonista di una rottura che non resterebbe priva di conseguenze. Se mette il veto l’alleanza è a rischio”.